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SICUREZZA INFORMATICA

Meitu, l'app di fotoritocco cinese che ruba tutti i tuoi dati

È l'applicazione per selfie più in voga del momento ma si è scoperto, purtroppo, che mette a rischio la privacy di chi la usa

Meitu, l'app di fotoritocco cinese che ruba tutti i tuoi dati Fonte foto: Meitu

È chi l’avrebbe mai detto. Meitu l’applicazione che trasforma i soggetti fotografati in personaggi di un fumetto giapponese è nell’occhio del cilone. L’applicazione made in China è accusata di chiedere l’accesso a un’ingente mole di dati, molti ingiustificati, a chi la installa.

Meitu, dopo aver conquistato la Cina, suo Paese di origine, sta spopolando anche in Occidente. È un ottimo strumento di fotoritocco con un’infinità di filtri e funzioni per cambiare completamente i connotati ai soggetti immortalati. È quindi normale che, un’applicazione di questo tipo, chieda – al momento del setup – di poter accedere alla fotocamera e alla sezione immagini dello smartphone. Lo è un po’ meno se pretende di conoscere altre informazioni che non sono strettamente collegate alla sua funzione. Non tutti fanno caso alle richieste di un’app in fase di installazione e premono subito “accetto”, c’è chi invece si è chiesto il motivo.

Meitu: il problema delle richieste

Scopriamo, allora anche noi, quali sono queste richieste tanto contestate di Meitu. Il programma chiede, almeno su Android, il permesso di accedere a sei diverse tipologie di informazioni (che ne racchiudono molte altre). Innanzitutto, l’accesso alla Fotocamera e alla sezione Foto/elementi multimediali/File, e fin qui niente di strano. Passi anche la richiesta della Posizione così può aggiungere i dati su dove è stata scattata la foto. Ma perché dovrebbe voler visualizzare “una o più informazioni riguardanti l’attività avvenuta sul telefonino, quali app sono in esecuzione, la cronologia app di navigazione e i segnalibri“? Oppure ricevere dati “sulle reti Wi-Fi, rilevare se il WiFi è abilitato e i nomi dei dispositivi WiFi connessi“? O ancora “l’ID dispositivo e dati sulle chiamate“? È vero, le critiche sono più che fondate. Peccato solo che Meitu era davvero una bellissima applicazione.

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