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SCIENZA

Sono nati i primi animali di origine “extraterrestre"

Lo sperma di topo liofilizzato è sopravvissuto nello Spazio per 6 anni e ora è stato usato per concepire dei cuccioli. Esperimento riuscito, i topolini sono tutti sani

Sono nati i primi animali di origine “extraterrestre" Fonte foto: 123rf

Topolini sani sono nati dallo sperma liofilizzato di topo che ha orbitato nello spazio per quasi 6 anni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. È quanto è stato rivelato da un nuovo studio di ricercatori giapponesi, pubblicato su Science Advances, che spiega quanto il risultato sia positivo, dato che le radiazioni dannose per il Dna sull’Iss sono più forti di 100 volte rispetto a quelle sulla Terra. Gli autori del documento hanno scritto che “esaminare gli effetti delle radiazioni spaziali” è importante “anche per le generazioni future prima che arrivi l’era spaziale”. Se lo sperma umano fosse altrettanto resistente nello spazio e se la Terra in futuro dovesse diventare invivibile, dunque, il liquido liofilizzato potrebbe potenzialmente svolgere un ruolo nel ripopolamento delle colonie spaziali.

Lo studio sullo sperma di topo mandato nello spazio

Al centro della ricerca ci sarebbe proprio la preoccupazione sulle mutazioni nella prole dopo l’esplorazione dello spazio. I ricercatori stanno cercando di capire se le radiazioni spaziali possano danneggiare il Dna dei mammiferi e di altri animali, rendendo quindi impossibile la riproduzione e il mantenimento in vita dell’umanità. Gli scienziati giapponesi hanno liofilizzato lo sperma di topo con una tecnica che ha permesso di conservarlo a temperatura ambiente per oltre un anno. Questo ha permesso al team di lanciare la sostanza sull’Iss senza bisogno di un congelatore.

In questo modo si sono anche mantenuti bassi i costi perché lo sperma è stato conservato in fiale piccole e leggere. Gli spermatozoi sono stati mandati sull’Iss nell’agosto 2013, e solo una volta arrivati gli astronauti li hanno conservati in un congelatore a meno 139 gradi Fahrenheit, ossia -95°C. Alcuni campioni sono poi tornati indietro dopo nove mesi, altri dopo due anni e nove mesi, e l’ultimo è tornato dopo cinque anni e 10 mesi. In un articolo pubblicato nel 2017 negli Atti della National Academy of Sciences, i ricercatori hanno riferito che dopo nove mesi è stato riscontrato un numero leggermente maggiore di danni al Dna dello sperma e ai nuclei dei gameti maschili, ma la fecondazione e i tassi di natalità erano simili alla versione sana.

Nel nuovo studio i ricercatori hanno usato i cosiddetti “rilevatori di tracce nucleari in plastica”, dispositivi costituiti da polimeri sensibili alle particelle cariche, e la “dosimetria termoluminescente”, che assorbe e intrappola l’energia delle radiazioni per capire quanta radiazione lo sperma assorbe. Così hanno testato la quantità di danni al Dna dello sperma, scoprendo che la conservazione a lungo termine a bordo dell’Iss non ha provocato difetti significativi.

Dopo aver reidratato, il liquido è stato usato per fecondare esemplari femmine che hanno poi partorito otto cuccioli sani. I ricercatori hanno anche notato che, sebbene ci siano differenze nel danno al DNA causato dai raggi X rispetto alle radiazioni spaziali, stimano che lo sperma di topo liofilizzato possa essere conservato sull’Iss per oltre 200 anni prima di diventare non vitale. Resta ora da capire come i risultati si tradurrebbero in embrioni umani.

Intanto, dopo lo sperma di topo, nello spazio si preparano a essere mandati anche 128 piccoli calamari bioluminescenti che saranno parte di un esperimento sulla vita nello spazio.

Stefania Bernardini

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