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Le barche a guida autonoma sono una realtà: solcheranno presto i mari

Tre progetti, con tecnologie e obiettivi diversi (e talvolta pericolosi), ma con una cosa in comune: l'assenza di equipaggio a bordo

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Le barche a guida autonoma sono una realtà: solcheranno presto i mari Fonte foto: Saildrone

La guida autonoma, nata inizialmente in ambito automobilistico, sta gradualmente conquistando altri settori. Adesso è il momento di quello nautico dove tre progetti sono in fase di sperimentazione, anche molto avanzata, sia in campo privato sia in quello governativo.

Il più conosciuto, forse, è il Saildrone che – in maniera simile ai seaglider – ha come obiettivo principale quello di monitorare lo stato di salute del mare e della fauna ittica. Si tratta di piccoli trimarani con vele rigide in fibra di carbonio, che riescono a tenere la rotta grazie a un contrappeso posizionato a prua. La presenza di una chiglia consente di raddrizzarli nel caso “scuffiassero”, ossia si rovesciassero. Sono dotati di timone e guidati da un collegamento via satellite che serve anche per trasmettere i dati oceanografici raccolti tramite appositi sensori.

Monitorare il mare e i suoi abitanti

Il progetto Saildrone nasce grazie a un investimento iniziale di 2.5 milioni di dollari da parte di Eric Schmidt (ex CEO di Google) e di sua moglie Wendy. Questi trimarani di circa sette metri hanno, infatti, già navigato per circa 60mila miglia nautiche e hanno alle spalle alcune importanti missioni come, per esempio, nel Mare di Bering in Alaska e un paio di volte nel Golfo del Messico. I Saildrone non sono in vendita ma possono essere noleggiati – per 2.500 dollari al giorno – da scienziati, ricercatori, meteorologi, aziende del settore ittico, che in questo modo ottengono importanti informazioni su determinati aspetti e luoghi di loro interesse. L’obiettivo finale di Richard Jenkins – fondatore e CEO di Saildrone – è però quello di raccogliere dati scientifici e spera, in un prossimo futuro, di vedere una flotta di suoi trimarani self-driving solcare i mari di mezzo mondo per capire l’entità dei danni causati dal surriscaldamento globale e prevedere a che velocità stanno evolvendo.

Amsterdam e i suoi canali

I Roboat, a differenza dei Saildrone, nascono da un progetto quinquennale costato 25 milioni di euro fortemente voluto dall’AMS (Advanced Metropolitan Solutions) della città di Amsterdam – in collaborazione con il MIT (Massachusetts Institute of Technology), la Delft University of Technology e la Wageningen University and Research. L’obiettivo? Dotare la capitale olandese di imbarcazioni che si muovano in maniera autonoma per i canali trasportando merci e persone. L’obiettivo in un prossimo futuro potrebbe essere il monitoraggio ambientale e dei fondali così come la pulizia dei canali da rifiuti solidi o agenti inquinanti.

I Roboat trasporteranno merci e persone lungo i canali di Amsterdam Fonte foto: Moyan Brenn | MIT

I Roboat trasporteranno merci e persone lungo i canali di Amsterdam

Fiutare le bombe sottomarine

Un compito molto più pericoloso è quello delle barche AWCTUV a guida autonoma sviluppate dal Darpa. Battelli di 40 metri che hanno, invece, l’obiettivo di tenere d’occhio eventuali sottomarini, ma soprattutto di stanare le mine sottomarine. Serviranno, però, almeno due anni di test, prima di vederli all’opera.