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Così Facebook falsifica i nostri ricordi, un esperimento online

Il professor Schacter, dell’Università di Harvard, ha studiato l’effetto dell’esposizione continua a foto del passato attraverso i social network sulla memoria

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Così Facebook falsifica i nostri ricordi, un esperimento online Fonte foto: Shutterstock

Un tempo per imprimere nella memoria i bei momenti scrivevamo dei diari o creavamo degli album fotografici. Al giorno d’oggi questo non è più necessario grazie a social come Facebook o Instagram che permettono di immortalare per sempre alcuni momenti. Ma cosa comporta questo nella nostra memoria?

Le fotografie hanno degli effetti negativi sui nostri ricordi. Questa è la conclusione alla quale è arrivato il professor Daniel Schacter, docente di psicologia all’Università di Harvard. Schacter ha iniziato la sua indagine agli inizi degli anni Novanta e la sua ricerca ha preso una svolta inaspettata con il boom di Internet e dei social network negli anni Duemila. Stando al professor Schacter i mezzi che usiamo al giorno d’oggi per ricordarci di un evento passato mistificano la verità, modificando per sempre la nostra memoria. Le foto in pratica traggono in inganno i ricordi del nostro cervello. In maniera particolare gli eventi associati ad alcune foto.

I ricordi su Facebook e la memoria

Oggi come oggi è usuale condividere dei ricordi, soprattutto su Facebook, attraverso delle funzioni che ci permettono di postare gli scatti e i video anche di cinque anni fa. Per Schacter questa tendenza sta modificando per sempre la nostra memoria. La foto, infatti, ci permette di fissare nella nostra memoria l’istante preciso dello scatto, ma modifica la nostra percezione degli eventi accaduti in prossimità della foto. Inoltre, un’immagine dove siamo tutti felici e sorridenti può modificare il nostro ricordo di una giornata che invece non fu proprio raggiante. Nell’esperimento effettuato il professore dell’Università di Harvard si è inoltre accorto che rilasciando delle fotografie “errate” ovvero di un evento non accaduto le persone intervistate non riconoscevano l’errore e si convincevano di aver fatto qualcosa o di aver partecipato a quell’evento.

La “perdita indotta dal recupero”

Schacter ha anche ricavato dall’esposizione esagerata alle foto un fenomeno, che lui identifica come “perdita indotta dal recupero”. In pratica l’esposizione continua a foto del passato ci permette di non dimenticare esclusivamente gli eventi che abbiamo condiviso sui social network. E il nostro cervello abituato a questa nuova prassi tenderà a dimenticare in maniera più precoce eventi non pubblicati in Rete e non richiamati di continuo sui vari social.

Le “informazioni d’origine”

Secondo Schacter, Internet gioca anche un altro brutto scherzo  alla nostra memoria. Un fenomeno che lui chiama perdita delle informazioni d’origine. Con le molte informazioni che apprendiamo ogni giorno online, il nostro cervello tende a dimenticare dove ha imparato una determinata cosa. In pratica un’informazione rimane impressa nella nostra memoria ma fatichiamo a ricordarci la fonte e il momento nel quale l’abbiamo appresa. Questo dà il via libera alle fake-news. In questo modo il nostro cervello perde alcuni anticorpi naturali che ci possono aiutare a riconoscere l’affidabilità o meno di una notizia. Poiché non capiamo in maniera rapida se gli eventi riportati nell’articolo fanno riferimento a qualcosa di affidabile che abbiamo già letto o meno.