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Facebook condannato in primo grado in Italia per concorrenza sleale

Il Tribunale di Milano ha ritenuto Facebook responsabile di violazione di diritto d’autore e concorrenza sleale verso l’azienda italiana Business Competence

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Facebook condannato in primo grado in Italia per concorrenza sleale Fonte foto: Shutterstock

Per la prima volta da quando la piattaforma di social network è stata creata, Facebook è stata condannata in primo grado per violazione del diritto d’autore e concorrenza sleale nei confronti di un prodotto realizzato dalla software house Business Competence.

La sentenza di primo grado è stata emessa dal Tribunale di Milano e ha accertato la responsabilità delle società Facebook S.r.l., Facebook Inc. e Facebook Ireland LTD per atti di concorrenza sleale nei confronti di Business Competence e per violazioni del diritto di autore sulla banca dati rappresentata dall’applicazione “Faround” sviluppata dalla software house italiana. L’app di Business Competence era stata pensata per favorire la presenza delle aziende sul social network: l’algoritmo raccoglieva tutti gli esercizi commerciali presenti nelle vicinanze dell’utente e li mostrava su una mappa che si poteva consultare direttamente dall’applicazione Faround disponibile su Facebook.

Le motivazioni del Tribunale di Milano

L’applicazione Faround sviluppata dall’azienda italiana è stata registrata sull’App Store di Facebook il 25 settembre del 2012 e lanciata ufficialmente l’11 ottobre dello stesso anno. Il 18 dicembre del 2012 Facebook ha lanciato l’applicazione Nearby, che fornisce un servizio molto simile a Faround. Secondo l’azienda italiana, Facebook ne ha copiato sia il concept sia il format cambiando solamente il layout grafico. Il Tribunale di Milano in primo grado ha accertato la violazione del diritto d’autore e ha inibito le tre aziende appartenenti a Facebook di utilizzare l’applicazione Nearby sul territorio italiano. La sentenza di primi grado è stata già impugnata da Facebook alla Corte d’Appello di Milano, la quale ha rigettato l’istanza dell’azienda statunitense di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata. Con l’inizio della seconda fase processuale ne sapremo sicuramente di più.

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