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SCIENZA

Il nostro cervello funziona grazie alle sue capacità di previsione

I neuroscienziati hanno sviluppato delle reti neurali artificiali per studiare questo fenomeno: sono le capacità di previsione a far funzionare il nostro cervello

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Il nostro cervello funziona grazie alle sue capacità predittive Fonte foto: iStock

Il cervello umano è una delle materie di studio più affascinanti per gli scienziati, fake news a parte. E alcuni elementi del suo funzionamento rimangono ancora sconosciuti, nonostante studi recenti e molto “particolari”. Per esempio, ancora non è chiaro come il cervello crei percezioni dalle sensazioni. Infatti ci sono molte ricerche che dimostrano che il cervello non è capace di mettere insieme informazioni che derivano dai sensi come se fossero tessere di un puzzle. Quindi alcuni scienziati stanno portando avanti la teoria secondo cui il nostro cervello è capace di “prevedere”.

Le capacità di previsione del nostro cervello

Secondo questa nuova teoria, il cervello usa le informazioni che già ha sull’ambiente che lo circonda per generare ipotesi sugli stimoli sensoriali che riceve. Sono quindi le ipotesi, e non gli stimoli, a generare le nostre percezioni. E questo funziona soprattutto se gli stimoli che riceve sono difficili da interpretare.

“Questa teoria è ancora agli albori, e siamo aperti a spiegazioni alternative”, dice Floris de Lange, neuroscienziato della Radbound University nei Paesi Bassi. Gli studiosi stanno sfruttando un modello computazionale per verificare la correttezza delle proprie ipotesi.

Gli studi dei neuroscienziati

Gli studiosi hanno costruito una rete neurale artificiale che riflette il comportamento dei neuroni esistenti in natura. Questa rete ha imparato a fare previsioni sulle informazioni in arrivo, e ha mostrato alcune capacità sorprendenti. Alcuni esperimenti condotti su questa rete artificiale suggeriscono che i nostri cervelli si sono dovuti evolvere come “macchine di predizione” per soddisfare i limiti di energia che possono ricevere.

In effetti grazie a questi studi computazionali i neuroscienziati sono sempre più convinti che il cervello lavori sull’esperienza e faccia ipotesi sulle cause degli stimoli sensoriali. Mentre i dettagli esatti di questo processo rimangono nebulosi, i contorni sembrano chiarirsi.

Si tratta di un’idea che in realtà circola già da un migliaio d’anni: ne parlava l’astronomo arabo Hasan Ibn Al-Haytham nel 1011, poi ancora il fisico tedesco Hermann von Helmholtz nel 1860 e poi gli psicologi cognitivisti all’inizio del ventesimo secolo. Il primo studio davvero scientifico risale al 1980, di Richard Langton Gregory, secondo cui le illusioni percettive sono essenzialmente ipotesi errate del cervello sulle cause delle impressioni sensoriali.

Rimangono però molti dubbi su come l’elaborazione di previsioni effettivamente funziona. Una teoria in vista dice che esiste una gerarchia di livelli di elaborazione di informazioni nel nostro cervello. Il livello più alto rappresenta la conoscenza astratta: per esempio, la percezione di un serpente nell’ombra di un boschetto. Questo livello fa delle previsioni su questa percezione, e le invia ai livelli più bassi che le confrontano con le informazioni che stanno processando. Se qualcosa non quadra, rimanda in su l’informazione con un segnale di errore, così che il livello superiore possa aggiornare le sue previsioni. L’ultimo livello è quello che effettivamente riceve gli stimoli sensoriali.

In particolare, esistono neuroni piramidali nella neocorteccia del cervello dei topi, che si pensa siano anatomicamente adatti all’elaborazione predittiva. Possono infatti ricevere sia segnali sensoriali dal livello più basso, che segnali di previsione da quello più alto.

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