Libero
SCIENZA

La storia di Laika, il primo cane nello spazio

Il 3 novembre del 1957 è la data in cui Laika, un cane randagio, fu mandata nello spazio: la sua storia, quella del viaggio e cosa ci ha lasciato in eredità.

laika: il cane che andò nello spazio Fonte foto: Shutterstock

L’uomo non è stato il primo essere terrestre ad aver viaggiato nello spazio. Era infatti il 3 novembre del 1957 quando Laika, cane randagio trovato tra le strade di Mosca, venne lanciata in orbita dai russi. Un evento che ha scritto la storia moderna, ma che è ricordato anche come un sacrificio inutile nella competizione tra USA e URSS per lo Spazio, almeno a posteriori.

Non vi è stata nessuna gloria per questa coraggiosa e sfortunata cagnolina, ma resta il racconto di un esperimento nato con lo scopo di valutare le condizioni di vita nello spazio in assenza di gravità, che si dimostrò fin dall’inizio un vero e proprio fallimento. “Le chiesi di perdonarci, e ho pianto mentre l’accarezzavo per l’ultima volta”, ha raccontato la 93enne biologa russa Adilya Kotovskaya, l’ultima persona ad avere avuto un contatto con la cagnetta Laika alla vigilia del lancio di quella capsula Sputnik 2 che l’ha lanciata tra le stelle. Il suo era un viaggio di sola andata fin dall’inizio, perché a quei tempi non c’era il modo di far tornare un essere vivente sano e salvo da una destinazione tanto ambiziosa.

Laika: un cane tra le stelle

Laika era un cane randagio di circa 3 anni e 6 chilogrammi di peso, trovata tra le vie di Mosca assieme ad altri 5 o 6 possibili cani. Tutti i candidati vennero subito sottoposti ad un durissimo periodo di addestramento, che Laika riuscì a superare tanto da guadagnarsi il titolo di astronauta, per quanto ovviamente inconsapevole.

Il suo vero nome era Kudrjavka, che in russo significa “ricciolina”, anche se in ambito anglosassone viene spesso nominata con il nome di Muttnik, da mutt che in inglese significa bastardino e dal nome della capsula Sputnik. Il nome Laika con cui è nota in Occidente deriva invece da un malinteso tra un giornalista occidentale e una responsabile della missione. Il giornalista chiese quale fosse il nome del cane, ma l’intervistata capì che la domanda si riferisse alla razza, e rispose quindi “Laika”.

I laika sono cani siberiani che ricordano gli husky, e venne scelta perché particolarmente resistente alle condizioni estreme, soprattutto alle basse temperature. Dal novembre del 1957, in occasione del quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre, la cagnetta diventava però nota come il primo essere terrestre in orbita attorno al nostro pianeta: un onore che, come già previsto dagli scienziati, si sarebbe presto trasformato in una inevitabile condanna a morte, per via della mancanza di un qualche tipo di tecnologia che potesse garantire il rientro in sicurezza delle capsule.

La capsula Sputnik 2, non a caso, era attrezzata per il supporto vitale e portava cibo e acqua, sotto forma di gel, assieme a sensori che consentivano il monitoraggio dei segnali vitali del passeggero come pressione sanguigna, battiti cardiaci e frequenza respiratoria.

Prima di affrontare il suo viaggio interstellare, il primo cane nello spazio venne sottoposto ad un allenamento intensivo diretto da Oleg Gazenko, che individuò in Laika il cane giusto per la missione. Venne selezionata perché femmina, quindi non aveva bisogno di alzare una zampa per urinare e questo permetteva di risparmiare spazio, per il suo carattere docile e la notevole intelligenza. Per potersi abituare agli spazi ridotti della capsula, durante la fase di addestramento gli animali venivano lasciati anche per 20 giorni consecutivi in gabbie strettissime, di soli 80 centimetri, e via via più ridotte.

In una seconda fase, nonostante lo stress fisico e psicologico già subito, gli animali prescelti dagli studiosi sovietici e soprattutto Laika vennero impiegati in simulazioni di lancio in centrifughe, all’interno delle quali si riproducevano le vibrazioni e i rumori che avrebbero poi caratterizzato il lancio vero e proprio. Considerate le basse temperature della stagione, lo Sputnik 2 sarebbe stato collegato ad un impianto di riscaldamento utile a mantenere costante la temperatura all’interno della capsula.

Infine, poco prima del lancio, sul corpo della cagnetta sarebbero stati fissati degli elettrodi per trasmettere alla centrale di controllo i suo segnali vitali. La capsula vantava un peso di 18 chilogrammi, era foderata e lo spazio interno era sufficientemente ampio da permettere a Laika di stare sdraiata o in piedi. Il tutto ad una temperatura costante di regolata sui 15 °C, con un sistema di refrigeramento che doveva proteggere l’animale da sbalzi termici eccessivi.

Il sacrificio della cagnetta Laika

Il 3 novembre Radio Mosca, la stazione radiofonica sovietica internazionale, annunciò la partenza di Laika per lo spazio a bordo dello Sputnik 2 dal Cosmodromo di Bajkonur, e l’immagine del suo musetto che spunta dal contenitore cilindrico del vettore spaziale fece letteralmente il giro del mondo. Purtroppo però il volo di Laika non andò come previsto, e non riuscì a seguire il più compassionevole piano del governo russo.

La cagnolina avrebbe dovuto roteare attorno alla Terra per circa 8 giorni prima che una dose letale ponesse fine alla sua vita, senza provocarle alcuna sofferenza. Il fato ha però voluto che le cose andassero diversamente. Inizialmente, a parte un normale aumento del battito dovuto alla partenza, ma poi tornato nella norma, tutto stava procedendo per il meglio.

Il cane fece in tempo a compiere 9 orbite intorno alla Terra, poiché durante la decima la temperatura all’interno della capsula iniziò a salire fino a superare i 40 gradi, probabilmente a causa di un insufficiente isolamento della capsula dai raggi solari. In poche ore la temperatura proibitiva portò alla morte Laika, cane eroe nel nome delle conquiste umane schiacciato dal caldo e dalla disidratazione.

In un clima di propaganda politica, economica e scientifica come quella della Guerra Fredda, la radio sovietica decise di continuare a trasmettere aggiornamenti quotidiani, riportando che tutto stava procedendo secondo programma e che Laika godeva di ottima salute. La versione ufficiale dell’epoca data dal governo sovietico è che Laika sopravvisse per “oltre quattro giorni”, superando la fatidica data del 7 novembre, e che fu avvelenata con del cibo per evitarle una morte dolorosa durante il rientro nell’atmosfera.

Infine, il satellite rientrò in atmosfera 5 mesi più tardi, il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla Terra. Sempre secondo la voce del governo, il satellite andò completamente distrutto durante il tragitto di ritorno e, con esso, il corpo di Laika. La realtà dei fatti, venuta a galla solo più tardi, è però molto più crudele: lo stesso giorno il piccolo corpo senza vita della cagnetta fu trovato carbonizzato all’interno della capsula recuperata al largo delle Antille.

L’eredità di Laika

Se oggi possiamo viaggiare in sicurezza è anche per merito di Laika, cane abbandonato al suo destino e che ha sacrificato la propria vita in nome dell’umanità e del suo progresso. Dopo quel 1957 bisognerà attendere tre anni, prima di vedere due cani, Belka e Strelka, sopravvissute nel satellite Sputnik 5, un coniglio grigio, decine di topi, mosche, piante e funghi lasciare la Terra e tornare vivi dopo un giorno nello Spazio.

Era l’agosto del 1960, e vedeva prendere corpo una delle imprese che convinsero le autorità sovietiche che, seppure con tutti i rischi del caso, si poteva concretizzare la missione di un uomo nello spazio. E nell’aprile del 1961 venne quindi il turno di Jurij Gagarin. Allo stesso tempo, la missione fu la causa di una serie di azioni di protesta nei confronti di ambasciate sovietiche in tutto il mondo, che cercavano di portare in primo piano il dibattito sull’utilizzo di animali per scopi scientifici.

Il primo cane nello spazio è stato senza dubbio anche un simbolo dello strapotere dell’ex Unione Sovietica nel secondo dopoguerra. La Russia aveva dimostrato di disporre sia dei mezzi sia delle tecnologie necessarie per poter portare in orbita testate nucleari, e di poter così colpire ogni paese sul globo utilizzando uno dei suoi avanzati vettori.

Similmente, la figura di Laika ebbe ampissima influenza nella cultura popolare, e divenne ben presto il simbolo stesso del comunismo. L’istituto aerospaziale di Mosca, addirittura, aggiunse il suo nome all’elenco dei cosmonauti morti in missione, la sua foto apparve sui francobolli e in molti utilizzarono il suo nome per dedicarlo a opere e oggetti di svariata natura. Si ricorda ad esempio un’azienda produttrice di Caravan, così come un terreno su Marte, un marchio di sigarette, diversi gruppi musicali, canzoni e opere teatrali.

L’11 aprile del 2008 è stato anche eretto un monumento in memoria del celebre cucciolo volato nello spazio: l’opera si trova proprio al di fuori della struttura di ricerca militare di Mosca dove la sua squadra di volo ha preparato la missione spaziale avvenuta in quell’epocale novembre del 1957. Secondo un’intervista fatta nel 1998 con Oleg Gazenko, allora responsabile della missione, lui stesso avrebbe espresso profondo rammarico per la morte dell’animale, ritenendo che il lancio di Laika fu un sacrificio del tutto inutile.

Secondo lo studioso, ben poche informazioni poterono essere raccolte dall’impresa spaziale, e la morte prematura della cagnolina potrebbe aver compromesso la missione dal punto di vista scientifico.