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Pubblicata la Lista Rossa delle specie in pericolo: c’è anche il Drago di Komodo

Come può una specie senza predatori e chiusa in un'area protetta essere a rischio estinzione? La drammatica vicenda del Drago di Komodo.

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Il Drago di Komodo: la new entry inaspettata nella Lista Rossa delle specie a rischio

L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, nota come IUCN, è un’associazione non governativa internazionale che nel 1999 ha ottenuto lo status di osservatore presso l’Assemblea delle Nazioni Unite. 

La IUCN è l’ente globale che si occupa della classificazione delle aree naturali protette ma anche della pubblicazione della famosa Lista Rossa, in cui vengono inserite le specie animali vulnerabili o a rischio di estinzione.

Le nuove specie a rischio

La Lista Rossa dell’IUCN è stata recentemente aggiornata: entrano tra le specie in pericolo molte varietà di squalo, tra cui lo squalo nutrice e lo squalo elefante, ma anche gechi giganti e diverse tartarughe di terra.

Circa il 28% delle 138.000 specie classificate dall’IUCN sono oggi a rischio di estinzione. Non soltanto il riscaldamento climatico e l’attività umana sono tra le cause principali della diminuzione repentina delle popolazioni delle specie coinvolte. In base all’ultimo aggiornamento della lista delle specie in pericolo, emergono tra le principali cause dello spopolamento, in particolare degli oceani, attività specifiche come la pesca a scopo alimentare. 

In particolare, si crede che la causa principale del pericolo di estinzione di diverse specie di tonno fosse da rintracciare nella passione per il sushi: dopo almeno dieci anni di lavoro a protezione delle specie in pericolo, quattro di loro sono passate da essere “in pericolo di estinzione” a non costituire alcun problema per la Lista Rossa.

Jane Smart, direttore generale del Gruppo per la Conservazione della Biodiversità dell’IUCN, afferma che “quando facciamo la scelta giusta, le specie continuano a prosperare – ma ciò non significa che possiamo tornare a pescare liberamente queste specie di tonno”.

Bisogna restare vigili, dicono dall’IUCN: il riscaldamento globale va di pari passo con minacce gravissime come la distruzione di interi ecosistemi e l’estinzione di specie animali e vegetali. 

Il drago di Komodo e il riscaldamento globale

Secondo le ultime indagini dell’IUCN, anche il Drago di Komodo rientra oggi tra le specie classificate come “in pericolo”. La lucertola più grande del regno animale, che vive esclusivamente nel Komodo National Park e nei suoi pressi, in Indonesia, non è un animale indifeso né un piatto tipico, eppure pare che stia scontando pesantemente gli effetti del cambiamento climatico.

L’innalzamento del livello del mare restringerà il suo habitat in maniera drammatica, almeno “del 30% nei prossimi 45 anni”. Il pericolo è dunque alle porte anche per la spaventosa lucertola preistorica senza predatori.

“L’idea che questi animali preistorici si avvicinino all’estinzione in parte per via del cambiamento climatico è terrificante”, afferma Andrew Terry, della Zoological Society di Londra.

Il declino dei draghi di Komodo è “un vibrante appello della natura che vuole essere al centro delle decisioni” politiche sulla salvaguardia della vita sulla Terra.

Con una popolazione di 1.383 esemplari adulti interamente collocata nelle aree a rischio, quella del Drago di Komodo potrebbe diventare una vicenda di eccezionale gravità: i rischi, secondo l’analisi dell’IUCN, riguardano infatti quasi esclusivamente l’alterazione dell’habitat.

Insieme all’aggiornamento della Lista Rossa delle specie in pericolo, l’IUCN ha lanciato ufficialmente il “green status” – il primo standard globale per misurare l’impatto degli sforzi tesi alla tutela delle specie a rischio. “Renderà finalmente visibile un lavoro di tutela invisibile”, afferma Molly Grace dell’Università di Oxford. 

Nel 2019, secondo gli esperti delle Nazioni Unite erano circa un milione le specie a rischio, tanto che i dati lasciavano evocare una sesta estinzione di massa. L’attività dell’IUCN sarà in futuro di fondamentale importanza: secondo jane Smart, potremmo arrivare a istituire aree protette in almeno il 30% della superficie del pianeta. 

Alessandra Caraffa