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Storia dell'ammartaggio: tutto sulla missione su Marte

La missione su Marte è una delle più importanti imprese degli ultimi anni in seguito allo sbarco sulla Luna: ecco la sua storia, gli sviluppi e i suoi obiettivi

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la storia della missione su marte Fonte foto: Shutterstock

Quello che solo fino a qualche anno fa era considerato un sogno pericolosamente ambizioso, è oggi una realtà concreta. Una missione su Marte è infatti attualmente alla portata della tecnologia umana, e rappresenta una delle imprese spaziali più importanti di sempre. Se la presenza dell’umanità sul suolo marziano pare ancora una meta lontana, la sua esplorazione tramite rover e sonde è invece entrata ormai nel vivo, con l’ammartaggio, così è definito comunemente dalla comunità scientifica, ad aver seguito un iter molto simile a quello che ci ha portato sulla Luna nel 1969.

D’altronde il quarto pianeta del Sistema Solare ha affascinato fin dall’antichità diverse popolazioni, che hanno osservato con curiosità il moto apparentemente irregolare di quella particolare sorgente luminosa dal colore rosso intenso. Ares per i greci, Marte per i latini, Augakuh per gli Incas e Nirgal per i babilonesi, il corpo celeste associato al dio della guerra è entrato nel mirino della NASA con la missione Mars 2020, il cui lancio è avvenuto il 30 luglio del 2020. E che deve tantissimo a tutte quelle osservazioni arrivate prima, addirittura in età pre-astronomica, che andremo ad esplorare insieme prima di arrivare allo scenario futuribile di cui l’Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche è “affamato”.

Le prime osservazioni telescopiche di Marte

La missione su Marte della NASA è tanto “agguerrita” come il suo pianeta di riferimento anche grazie ai precedenti studi focalizzati sul pianeta rosso. Le prime osservazioni di Marte utilizzando un telescopio si devono senza ombra di dubbio all’astronomo pisano Galileo Galilei, che tra il 1609 e il 1610 si è lasciato ammaliare da quello che ai tempi sembrava un disco non molto definito dai vivaci colori rosso e arancione. A seguire, arrivarono Christiaan Huygens e Gian Domenico Cassini, che per primo vide i poli ghiacciati che caratterizzano il pianeta.

Tra il 1777 ed il 1783, William Herschel calcolò poi i circa 30° di inclinazione orbitale e il periodo di rotazione di quasi 25 ore di Marte. Nel 1840, Johann Heinrich von Mädler e Wilhelm Beer pubblicarono una loro prima mappa di Marte, sfruttando la migliore visibilità del pianeta durante un passaggio ravvicinato tra Marte e la nostra Terra. Successivamente vennero fatte altre descrizioni dei dettagli superficiali di Marte, e la nomenclatura attualmente utilizzata si basa sulla mappa del 1877 dell’italiano Giovanni Schiaparelli.

L’ondata spaziale e l’epoca Viking

Dobbiamo però compiere un grosso salto temporale tra il 1962 ed il 1972 per assistere alla fondamentale ondata di interesse nei confronti dell’esplorazione di Marte e di un successivo, possibile ammartaggio. In questo periodo, non a caso, la sonda Mariner 4 eseguì quello che in gergo si chiama flyby, ovvero un sorvolo del pianeta, che ha pure permesso di catturare le prime immagini ravvicinate di Marte e di trasmettere un segnale radio verso la Terra attraverso la sua atmosfera, ora finalmente analizzata tramite dati da satellite. Le foto, in totale erano 22, descrissero la superficie marziana come un deserto fatto di profondi crateri, molto lontano da quanto immaginavano i ricercatori del secolo precedente, pronti a scommettere su canali artificiali, vegetazione e addirittura l’esistenza di una popolazione marziana.

La Mariner 9 fu successivamente il primo vero e proprio satellite artificiale marziano: nel 1971, riuscì ad entrare in orbita attorno al pianeta, proprio nel bel mezzo di una tempesta di sabbia globale, studiata così da vicino per la prima volta. Quando la tempesta si diradò, fu possibile per l’umanità osservare da vicino i dettagli superficiali di Marte e costruirne una mappa decisamente più accurata, fatta di reti di valli, vulcani e cappucci polari.

Per parlare di una prima missione su Marte, naturalmente senza equipaggio, abbiamo poi da cerchiare sul calendario il 1975, quando le due sonde Viking 1 e Viking 2 vennero lanciate per arrivare sulla superficie del pianeta. L’obiettivo era quello di trovare finalmente qualche traccia di vita marziana, senza però riuscirci. L’apparente fallimento ebbe in realtà un’importanza fondamentale nella nostra conoscenza del corpo celeste, e continuò a raccogliere dati fino al novembre del 1982, quando si persero i contatti anche con Viking Lander 1, ultimo modulo spedito dalla nostra atmosfera.

Dati, questi, straordinari, e che tra scatti e filmati hanno rivoluzionato la visione di Marte universalmente riconosciuta dalla comunità di studiosi. Solo per fare un esempio, si è riusciti a capire che le formazioni geologiche superficiali non sono altro che il segno evidente della presenza passata di acqua su Marte, precedente teoria di conseguenza confermata.

Mars 2020: la missione su Marte che guarda al futuro

Dopo il programma Viking, per alcuni anni l’interesse nei confronti del pianeta rosso è andato ad affievolirsi. Fino ad arrivare a tempi recentissimi, con Mars 2020 a rappresentare la principale missione su Marte della NASA. Mentre anche Elon Musk e la sua SpaceX guardano con incredibile interesse al suolo marziano, il governo a stelle e strisce ha ribadito il suo impegno nella comprensione, e futura colonizzazione, del pianeta più belligerante del Sistema Solare.

Come già accennato, il lancio della missione è avvenuto con successo nel luglio del 2020, mentre l’arrivo del rover Perseverance e del drone Ingenuity si è fatto registrare il giorno 18 febbraio 2021 alle ore 21:55, secondo il fuso orario italiano. Il progetto Mars 2020, che ha iniziato le rilevazioni il 19 aprile 2021, si pone come obiettivi principali lo studiare l’abitabilità di Marte, l’investigare il suo passato e cercare tracce di eventuale vita biologica.

Non solo, è previsto un successivo stoccaggio di campioni geologici da inviare sulla Terra al fine di analizzarli in modo estremamente accurato. La missione Mars 2020 fa tecnicamente parte del programma di esplorazione Mars Exploration Program della NASA, che include Curiosity, le due sonde Mars Odyssey e Mars Reconnaissance Orbiter attualmente in orbita attorno al pianeta, e l’orbiter MAVEN, arrivato sulla superficie di Marte nel mese di settembre 2016 per studiarne l’alta atmosfera. In aggiunta, nel maggio del 2018 è stato lanciato un lander denominato InSight, che ha il compito di dare un primo sguardo alle profondità più inaccessibili del pianeta rosso.

Gli obiettivi della missione Mars 2020

Il Governo degli Stati Uniti e la NASA si sono posti diversi e ambiziosi obiettivi da raggiungere con il programma Mars 2020, e con il progetto Mars Exploration Program più in generale. Prima di tutto, la missione su Marte del nuovo millennio può e deve determinare se la vita sia mai esistita su questo pianeta, sfruttando proprio la tecnologia e le stupefacenti abilità del rover Perseverance. Lo strumento va a concentrarsi sull’osservazione e lo studio della superficie marziana per cercare tracce di vita microbica preservate sulle rocce che hanno formato l’ambiente marziano in epoca più antica.

Gli studiosi si stanno anche focalizzando per definire in qualche modo il clima di Marte, ricostruendo il passato delle sue condizioni climatiche sempre grazie agli strumenti del rover, che cercano delle testimonianze di antichi ambienti dove la vita microbica sarebbe potuta quasi certamente esistete. Da non sottovalutare è poi la volontà di descrivere in modo sensibilmente più accurato la geologia marziana, studiando con il rover le formazioni rocciose e i processi geologici che hanno creato e modificato la crosta e la superficie marziana nel corso del tempo.

In aggiunta, Perseverence è stato progettato per estrarre e stoccare dei campioni di roccia e suolo marziano per una eventuale futura missione, che avrà l’obiettivo principale di farli arrivare sulla Terra per tutte le analisi del caso. In ultima analisi, Mars 2020 sta sondando il terreno per la futura esplorazione umana. Ancora una volta utilizzando il rover, potremo dimostrare scientificamente come poter sfruttare le risorse naturali presenti nell’ambiente marziano, monitorando allo stesso tempo le condizioni ambientali del pianeta. In questo modo, guidati dalle esplorazioni robotiche, si vuole capire come proteggere eventualmente i primi esploratori umani, in vista di future spedizioni con equipaggio fissate per il 2030.

Gli strumenti della missione su Marte

A fronte di un costo totale di 2,1 miliardi di dollari, la missione su Marte della NASA è come già detto basata su due strumenti principali: il rover Perseverance e il drone Ingenuity. Il primo, in particolare, può contare sul meglio della tecnologia attuale, con 7 strumenti scelti in una selezione fra 58 proposte, si tratta di Mastcam-Z, Supercam, PIXL (Planetary Instrument for X-Ray Lithochemistry), SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals), MOXIE (Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment), MEDA (Mars Environmental Dynamics Analyzer) e RIMFAX (The Radar Imager for Mars’ subsurFAce eXploration). Ci sono pure 23 fotocamere: tra queste, 9 sono dette ingegneristiche, 7 sono scientifiche e ulteriori 7 sono adibite alla fase di discesa e atterraggio sul suolo marziano.

Perseverance è inoltre equipaggiato con due microfoni per registrare il suono ambientale durante la discesa, l’atterraggio e il funzionamento del rover stesso sul suolo tanto inospitale del pianeta rosso. La massa complessiva del rover americano ammonta ad un totale di circa 29 Kg, mentre il suo assorbimento massimo, ovvero il momento in cui, per assurdo, tutti i suoi strumenti vengono azionati contemporaneamente, è di 436 W. A chiudere, i vertici della NASA hanno ufficializzato che il costo totale dello sviluppo della strumentazione scientifica ammonta a circa 130 milioni di dollari.