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Perché viene utilizzato il Bluetooth per tracciare il Coronavirus

app covid 19 Fonte foto: Shutterstock

Nei giorni scorsi Apple e Google hanno messo a punto e annunciato insieme un sistema di tracciamento dei contatti estremamente ambizioso e potenzialmente controverso, progettato per aiutare gli utenti e i Governi a prevenire la diffusione del nuovo coronavirus scoprendo chi ha avuto contatti con pazienti infetti.

Si tratta, quindi di un sistema di “contact tracing” che, rispetto agli altri già proposti (come l’app Immuni scelta dal Governo italiano) ha il grande vantaggio di essere potenzialmente universale visto che sono di Apple e Google, le due aziende che sviluppano i due sistemi operativi installati sulla quasi totalità degli smartphone circolanti nel mondo. I dettagli su questo sistema sono ancora scarsi, data la fase iniziale di sviluppo del progetto, e probabilmente nemmeno Apple e Google hanno ancora le idee completamente chiare in merito. Quello che però al momento è già certo è che tutto il sistema funzionerà usando una tecnologia ben precisa e già rodata, per ben altri scopi: il Bluetooth Low Energy (Bluetooth LE). Ecco perché è stata scelta proprio questa e non altre tecnologie.

Contact tracing col Bluetooth: la questione privacy

Il motivo principale per il quale è stato scelto il Bluetooth e non il GPS, che in teoria è molto più efficace per tracciare uno spostamento, è sostanzialmente la privacy. Quel che si vuole tracciare, infatti, non è in realtà se un cittadino si sposta, ma se entra in contatto con altre persone, potenzialmente infette o infettabili. Se una persona fa il giro del mondo senza incontrare nessuno, infatti, non è a rischio contagio né rischia di contagiare nessuno. Perché non ha incontrato nessuno. Il Bluetooth, da questo punto di vista, è una buona scelta rispetto al GPS, perché l’app di contact tracing non registra la posizione o lo spostamento dell’utente. Ma l’eventuale vicinanza con altre persone.

Contact tracing col Bluetooth: il range e i consumi

Inoltre, lo standard scelto per il contact tracing è il Bluetooth LE e non il Bluetooth normale. La versione LE è quella a basso consumo e questo è importante, perché la connessione deve essere attiva tutto il giorno affinché il tracciamento sia efficace: se l’utente dovesse accendere e spegnere il Bluetooth ogni volta che entra o esce di casa, infatti, prima o poi finirebbe per scordarselo. Il range massimo del Bluetooth LE 4.0, quello al momento più diffuso sugli smartphone, è di 100 metri. Più che sufficiente visto che bisogna tracciare i contatti a una distanza da 1 a 3 metri, cioè quelli che potrebbero comportare un reale rischio di contagio.

Utilizzando la tecnologia Bluetooth LE proximity profile (PXP) è possibile misurare quanta potenza radio viene ricevuta da ogni dispositivo e tramite questa misurazione è possibile farne un’altra: quella della distanza tra i due device, quindi tra le due persone. E’ la stessa funzionalità usata dalle AirPods di Apple per capire quando le cuffiette sono abbastanza vicine al proprio smartphone (e non a quelle del nostro compagno di stanza) da chiederci se le vogliamo connettere all’iPhone.