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SCIENZA

Questi pesci parlano tra loro (quasi) come esseri umani

Questi pesci di acqua dolce comunicano in modo molto simile a quello dell'uomo, sfruttando gli impulsi elettrici. Ora siamo riusciti ad "ascoltarli".

Mormyridae Fonte foto: iStock

Di specie, nel regno animale, dalle incredibili capacità ne esistono tantissimi. Pensiamo alle affascinanti meduse immortali, ai microrganismi in grado di resuscitare dopo un lungo sonno nel ghiaccio, o ancora ad alcuni molluschi con denti assai speciali. Ora, alla lista di stranezze faunistiche, si uniscono anche questi pesci in grado di comunicare quasi come se fossero degli esseri umani.

Si tratta di determinati esemplari acquatici appartenenti alla specie delle Mormyridae, pesci di acqua dolce conosciuti comunemente come “pesci elefante”. E che a quanto pare sanno “parlare” tra loro con un metodo che ricorda da vicino quello della nostra specie.

Per comprenderlo a fondo, facciamo un passo indietro. Quando parliamo tra di noi, anche senza esserne del tutto consapevoli, utilizziamo determinate tecniche per focalizzare o enfatizzare un determinato discorso: a volte utilizziamo delle pause, altre preferiamo scandire delle parole con maggiore enfasi. Ebbene, le Mormyridae fanno esattamente lo stesso, sfruttando però gli impulsi elettrici, naturalmente inviati in un modo ben preciso. Per un comportamento che, a conti fatti, avviene anche in un discorso umano, in cui brevi silenzi e sospiri esistono per catturare l’attenzione o per rendere il concetto che si sta esprimendo più solenne.

I ricercatori hanno quindi osservato che ponendo due mormiridi, nello stesso specchio d’acqua, si può verificare con certezza che la coppia di pesci vada a scambiarsi messaggi “elettrici”, scandendo anche delle pause ben precise durante il loro dialogo in apnea. Un comportamento che invece non sembra presentarsi quando si trovano del tutto isolati.

A sentire il capo ricercatore Tsunehiko Kohashi del Dipartimento di Biologia della Washington University, in Missouri, questo curioso modo di “parlare” permette a questi animali di non abituarsi troppo al ronzio del segnale elettrico: senza queste particolari pause, i pesci correrebbero il rischio di perdere l’attenzione su quello che si sta dicendo, confondendo il segnale recepito per del semplice rumore. Esattamente come succede tra di noi di fronte ad un interlocutore poco attento. Una pausa di circa un secondo – è questo il valore registrato e pubblicato nella ricerca – può invece prepararlo a ricevere ulteriori messaggi senza distrarsi:

La nostra scoperta mette in luce non solo che questi fenomeni si presentano per scandire meglio le ‘parole’, ma evidenziano anche una forte analogia con il parlato umano, che tende a impostare una pausa tra una parola e l’altra.

Umano o pesce che sia, pare quindi che sia proprio il silenzio, e l’uso intelligente che possiamo farne, a rendere la comunicazione più efficace.

Andrea Guerriero

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