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Riforma copyright UE, per Polonia porta a censura. Pronto il ricorso

La Polonia passa dalle parole ai fatti e presenta ricorso contro la riforma del copyright dell'Unione Europea. Secondo il Governo si corre il rischio-censura

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Copyright EU Fonte foto: Shutterstock

Probabilmente, era facilmente prevedibile e preventivabile. Fatto sta che il processo di ratifica della nuova legge copyright dell’Unione Europea va incontro al primo, serio, ostacolo. La Polonia, tra gli stati membri che lo scorso 15 aprile avevano votato contro la riforma in sede di Consiglio Europeo, ha annunciato la volontà di ricorrere di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Ad annunciarlo è il Viceministro agli Affari Esteri della Polonia Konrad Szymanski e, tramite l’account Twitter ufficiale, il Primo ministro polacco. Szymanski spiega anche i motivi che hanno spinto la repubblica polacca a prendere questa misura. “Il sistema potrebbe portare all’adozione di misure analoghe alla censura preventiva, cosa proibita non solo dalla costituzione polacca, ma anche dai trattati dell’Unione Europea”. Insomma, le stesse critiche mosse nei mesi passati da varie associazioni a difesa della libertà di espressione e di alcuni grandi gruppi del mondo web (primi tra tutti, YouTube e Wikipedia).

Perché la legge europea sul copyright favorirebbe la censura?

Al centro della discussione, quindi, troviamo l’articolo 13 della riforma del copyright europeo (diventato articolo 17 nella stesura definitiva del testo, approvata dal Parlamento di Strasburgo il 26 marzo 2019 e ratificata dal Consiglio europeo il 15 aprile). Nelle intenzioni dei legislatori europei la norma, recante il titolo “Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti”, dovrebbe aiutare a combattere la pubblicazione di contenuti protetti da copyright sulle piattaforme user generated content.

Nello specifico, l’articolo 13 impone a piattaforme come YouTube e Facebook, nelle quali gli utenti sono ipoteticamente liberi di caricare ciò che vogliono, di acquisire preventivamente delle licenze per la pubblicazione di contenuti multimediali sulle loro pagine. Nel caso in cui gli utenti dovessero pubblicare contenuti non licenziati su uno di questi siti, a pagarne le dirette conseguenze sarebbe il gestore del servizio e non l’utente. A meno che, specifica l’articolo 17 della legge europea sul copyright, non dimostri di aver messo in atto misure “adeguate e proporzionali” per evitare che ciò accadesse.

Secondo molti, queste misure non possono che tradursi in filtri (chiamati in gergo upload filter) per controllare il traffico in ingresso dei server (e dunque l’attività degli utenti) ed eliminare eventuali contenuti protetti da copyright e non licenziati. Per i più critici si tratta di censura preventiva, che porterà a una forte limitazione della libertà d’espressione dei cittadini del Vecchio Continente.

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