SCIENZA

Cresce il rischio di contaminazione nelle missioni spaziali

L'intensificarsi delle missioni spaziali apre a nuove sfide: il recente studio sui rischi di contaminazione tra forme di vita terrestri e mondi alieni.

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Fonte: 123RF - peterschreibermedia

L’ingresso in quella che chiamano la nuova era dello spazio porta con sé antiche questioni e nuovi interrogativi. L’intensificazione della presenza di attività umane oltre l’atmosfera terrestre sta già palesando i suoi effetti più immediati, che vanno dal pericolo d’impatto con i – sempre più numerosi – frammenti di immondizia spaziale fino alla necessità di stabilire un protocollo comune per comunicare l’eventuale scoperta di forme di vita aliene.

I rischi dell’attività umana

Un nuovo studio della McGill University pubblicato sulla rivista BioScience analizza le conseguenze dell’espansione umana nello spazio sotto il particolare punto di vista del rischio di contaminazione biologica.

La prospettiva di intercettare forme di vita aliena si fa sempre più verosimile, almeno a quanto dichiara pubblicamente la NASA, e il prossimo futuro vedrà alcune delle più importanti missioni spaziali mai pianificate dai terrestri.

Con diversi rover che passeggiano su Marte, cui si aggiungerà presto l’ExoMars dell’ESA, con la missione in via di svolgimento che riporterà sulla Terra campioni del suolo del Pianeta Rosso, e le diverse missioni in programma verso le lune di Giove e Saturno, la presenza umana oltre l’atmosfera terrestre inizia ad avere un suo peso.

Ma il rischio di “creare” inavvertitamente nuove forme di vita aumenterà a dismisura, si legge nello studio, nel momento in cui si tenterà la prima missione di lunga durata su Marte, in cui la necessità di “organismi in grado di generare cibo, processare i rifiuti, produrre biogas” porterà inevitabilmente ad imprevedibili progressi in ambito di bioingegneria.

I batteri “alieni” da cui proteggere la Terra e gli altri corpi celesti interessati dalle attività umane, secondo lo studio di Anthony Ricciardi e colleghi, sono quelli che potrebbero originare da possibili contaminazioni non controllate. Il rischio è piuttosto concreto, avvisano gli studiosi: sono già stati individuati batteri simili sia sulla carena della Stazione Spaziale Internazionale, sia all’interno del Kennedy Space Center della NASA.

Il pericolo viene dal nostro pianeta

Il pericolo di una contaminazione di vita aliena viene però dalla Terra: le forme di vita terrestri che viaggiano nello spazio insieme alle missioni di esplorazione spaziale infatti, se esposte a particolari condizioni, possono mutare in maniera inaspettata.

Un recente esperimento ha dimostrato che le cellule di un batterio estremofilo, il Deinococcus radiodurans, possono sopravvivere sulla superficie esterna della ISS in orbita per anche tre anni: ciò significa che è potenzialmente possibile trasferire forme di vita del genere tra la Terra e Marte, anche involontariamente.

Il caso del Kennedy Space Center è ancora più indicativo dei possibili pericoli di contaminazione: nel 2014, all’interno di una stanza sterile in cui si stava assemblando la nave Phoenix, è stato individuato un batterio mai descritto prima. Il batterio si è dimostrato resistente “a dosi estreme di radiazioni ionizzanti, disidratazione e disinfettanti”, come se fosse evoluto in ambiente del tutto diverso da quello terrestre.

L’evoluzione delle forme di vita terrestri nello spazio è imprevedibile, motivo per cui gli scienziati sostengono che l’eventuale contaminazione di pianeti lontani sia “un evento paragonabile a un disastro naturale”. Un esempio plateale di quanto sia concreto il rischio di contaminazione aliena è arrivato dalla missione israeliana che nel 2019 vide schiantarsi il lander lunare Beresheet sulla superficie della Luna.

Il lander israeliano conteneva migliaia di tardigradi in stato dormiente all’interno di un composto solido: non c’è alcun reale pericolo che i tardigradi si possano svegliare per invadere la Luna, ma da allora l’attenzione della comunità scientifica sui rischi di biocontaminazione legati all’esplorazione spaziale si è fatta inevitabilmente più pressante.

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