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Xiaomi vuole farsi i chip da sola e assume personale

Voci sempre più insistenti parlano di un ritorno di Xiaomi nel mercato dei chip: le selezioni del personale sono già state avviate, ma sul progetto i dettagli sono ancora pochi.

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xiaomi mi 10 ultra Fonte foto: Jack Skeens / Shutterstock.com

Dopo altri nomi illustri, come Samsung, Huawei e Apple (alle quali probabilmente a breve si aggiungerà anche Google), anche Xiaomi ha deciso di produrre in maniera autonoma i propri chip. Per farlo, però, ha bisogno di altro personale: per questo ha aperto le ricerche di personale, al fine di introdurre i neo assunti all’interno del ciclo produttivo del componente chiave di molti dei suoi dispositivi.

Finora, l’unico processore realizzato in autonomia da Xiaomi è stato Surge S1, introdotto nel 2017 e dedicato completamente all’uso sugli smartphone della casa. Solo di recente l’azienda ci ha riprovato, realizzando Surge C1, un chip specifico per il processamento delle immagini implementato nel suo primo pieghevole, Mi Mix Fold. In seguito a una prima impressione che tutto lasciava pensare tranne che un ritorno alla produzione di tali elementi, la società ha scelto di provarci ancora una volta e di farlo alla grande, tanto da iniziare a battere la strada delle negoziazioni delle licenze con i provider IP, cioè con le aziende che detengono la “intellectual property” dei core necessari a ingegnerizzare un chip (la più famosa, ovviamente, è ARM).

Xiaomi, il rientro nel mondo dei chip

A confermare la volontà è stato proprio Lei Jun, fondatore e CEO di Xiaomi che, ultimamente, ha sottolineato che lo sviluppo dei processori continuerà a far parte dei progetti della produttrice cinese. Per questo, l’azienda potrebbe sfruttare la sussidiaria Beijing Songguo Electronics, fondata nel 2014, che ha già realizzato il Suge S1 del 2017.

Di certo, almeno per ora, è che la casa sarebbe pronta ad assumere nuova forza lavoro da impiegare nelle operazioni, in modo da rientrare nel mercato al massimo della propria potenza. Dettaglio fondamentale da tenere in considerazione è la strategia di Xiaomi che, per alcuni, ricalcherebbe lo stile di Apple.

Infatti, a differenza di Samsung, il processo si limiterebbe al design del processore, affidando invece la realizzazione tecnica all’esterno, al pari di quanto accade già con i chip di Apple (che non possiede fabbriche di processori ma se li fa costruire da TSMC).

Ciò rimarrebbe in linea con le strategie sviluppate finora, visto che Xiaomi può vantare già un ottimo grado di controllo sul software attraverso MIUI, l’interfaccia personalizzata basata su Android. Così, l’obiettivo si sposterebbe sulla creazione di un ecosistema verticale integrato, con un miglioramento delle prestazioni e un controllo maggiore sulla catena di produzione sui device, nonostante il sistema operativo di Google.

Xiaomi, dove verranno utilizzati i chip?

Non meno rilevante, poi, è la possibilità di utilizzare i processori anche su altri dispositivi, al di fuori dei canonici smartphone.

Oltre a telefonini e tablet, sono diversi i prodotti di Xiaomi che fanno affidamento ai chip, tra cui i box tv e gli smartwatch (Mi Watch, Mi Watch Lite, Mi Band 5  e Redmi Watch per citare i più recenti) presenti tra gli indossabili; a questi poi si aggiungono wi-fi extender e smart speaker.