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SICUREZZA INFORMATICA

La password del futuro? Il nostro battito cardiaco, lo dice la scienza

Secondo una ricerca condotta dall’Università di Binghamton, per sbloccare computer e smartphone presto potrebbe bastare semplicemente il nostro battito cardiaco

La password del futuro? Il nostro battito cardiaco, lo dice la scienza Fonte foto: Shutterstock

Non passa un giorno in cui non leggiamo una notizia su un nuovo attacco hacker e secondo quanto sostengono gli esperti il 2017 sarà un anno nero per la sicurezza informatica. Diventa quindi fondamentale sviluppare dei sistemi di protezione avanzati.

A volte però non basta ricorrere alle numerose soluzioni messe a disposizione dalla tecnologia per evitare che i nostri dati finiscano nelle mani dei cybercriminali. Soprattutto quando decidiamo di affidarci a password semplici. Secondo infatti alcune ricerche, molte persone tendono a scegliere chiavi di sicurezza facili da ricordare: 123456 è infatti la password ancora più utilizzata. Uno studio condotto a New York dall’Università di Binghamton sembra aver trovato la soluzione: usare il battito cardiaco come password. In particolare, gli scienziati vorrebbero utilizzare le attività cardiache dei pazienti per accedere alle informazioni digitali riguardo allo stato della loro salute.

Il cuore per proteggere i dati dagli hacker

L’idea del gruppo di ricerca è abbastanza semplice: proteggere quella mole di informazioni sensibili che riguardano la salute. Secondo infatti quanto sostengono gli esperti, questi dati possono essere facilmente intercettati dagli hacker da un trasferimento all’altro. È necessario dunque difenderli e l’ECG (l’elettrocardiogramma) potrebbe essere la tecnologia giusta. Dalle sperimentazioni effettuate all’Università di Binghamton è emerso infatti che ogni persona ha un’attività cardiaca unica: una sorta di identificatore biometrico naturale. La ricerca comunque non spiega i dettagli tecnici di come questa innovativa tecnologia potrebbe funzionare su smartphone e computer.

Sensibile alle variazioni

Ci sono però dei problemi che lo stesso team di scienziati riconosce. Sebbene ognuno di noi abbia un battito unico, il cuore non è un computer e la sua attività è molto sensibile alle variazioni. Ecco perché i tradizionali lettori per le impronte digitali sono più precisi. Il gruppo di ricerca però non si scoraggia e presto potrebbe cercare una soluzione per perfezionare il meccanismo che ancora non è stato testato sui pazienti.