SCIENZA

Trovato un papiro di 1900 anni, è una guida sull'evasione delle tasse nell'antica Roma

Un antico papiro svela dettagli sul sistema giudiziario romano: una guida all'evasione fiscale che offre dettagli inediti sulla tratta degli schiavi al tempo dell'Impero

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Fonte: Israel Antiquities Authority

Un antico papiro di ben 1900 anni getta luce su un processo per evasione fiscale. Si torna indietro nel tempo fino al II secolo, quando due imputati rischiavano pene molto severe per i reati di:

  • falsificazione;
  • frode fiscale;
  • vendita fittizia di schiavi.

Un crimine molto grave nell’antica Roma, quello dell’evasione fiscale, punibile con multe molto salate, così come l’esilio permanente, i lavori forzati nelle miniere di sale, in casi seri, fino alla pena capitale di essere sbranati in pubblico da bestie feroci nelle situazioni peggiori.

Un antico papiro

Il papiro ritrovato, che sta gettando luce su questo spaccato di storia dell’antica Roma, era nel deserto della Giudea. La scoperta non è di certo recente, risalente a diversi decenni fa, ma soltanto da poco il documento è stato analizzato.

È un “foglio preparatorio” redatto dal pubblico ministero. Vi sono appunti sparsi e resoconti decisamente affrettati di un’udienza giudiziaria. Si racconta di una truffa messa in atto per riuscire a evitare il pagamento delle tasse nelle province romane di Giudea e Arabia, ovvero le attuali Israele e Giordania. Il tutto passava attraverso falsificazione di documenti e vendita e liberazione illecita di schiavi.

Il caso di evasione fiscale

Due gli imputati di questo antico caso. Entrambi erano uomini, Gadalias, figlio scapestrato di un notaio molto vicino all’élite amministrativa locale, e Saulos, indicato come un amico e collaboratore. Quest’ultimo era la vera mente del piano.

I loro nomi, biblici, suggeriscono un’origine ebraica. Gadalias aveva un passato decisamente complesso, con condanne per:

  • estorsione;
  • falsificazione;
  • banditismo;
  • sedizione;
  • assenza ingiustificata dalla giuria del tribunale del governatore romano per ben quattro volte.

Il processo si è svolto poco dopo il viaggio dell’imperatore Adriano nella regione (130 d.C., circa). Il tutto poco prima dell’insurrezione di Simon Bar Kochba (132 d.C.), l’ultima e più sanguinosa guerra tra Giudei e Roma. In seguito, gran parte della popolazione ebraica fu espulsa, con la Giudea divenuta “Siria Palestina”.

Tutto ciò è rilevante, perché la vicenda narrata a tratti nel papiro evidenzia il clima di sospetto con cui le autorità romane guardavano ai sudditi ebrei. È questo il pensiero della storica Anna Dolganov, dell’Istituto Archeologico Austriaco, che ha decifrato il papiro. Secondo la sua ricostruzione, truffatori come Gadalias e Saulos, ben noti oppositori all’ordine romano, potevano perfino aver preso parte ai preparativi della storica rivolta.

Commercio di schiavi

Uno spaccato di storia molto rilevante, dal momento che getta luce su una vicenda giudiziaria specifica rivelando dettagli inediti sul commercio degli schiavi nella regione ebraica. Al tempo stesso, inoltre, si chiariscono dei meccanismi fiscali dell’Impero di Roma.

Il papiro è lungo 133 righe ed è stato rinvenuto negli anni ’50 dai beduini nelle grotte di Nahal Hever (rifugio dei ribelli di Bar Kochba). Per anni il documento è rimasto ignorato negli archivi dell’Autorità israeliana per le antichità. È stato poi identificato nel 2014 da Hannah Cotton Paltiel, dell’Università Ebraica di Gerusalemme.

Il piano era il seguente: una vendita fittizia degli schiavi oltre il confine, così da farli sparire dai registri fiscali della Giudea. Il risultato? Non erano registrati nella provincia araba e in questo modo i proprietari evitavano del tutto di pagare le tasse. Queste rappresentavano il 4% per la vendita e il 5% per l’affrancamento degli schiavi.

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