PMI E INDUSTRIA 4.0

L'aumento delle temperature rende le persone più povere: la crisi climatica è (anche) un problema economico

Qual è il vero costo della crisi climatica? E quanto rischiamo ancora di perdere? Secondo uno studio, la gente è destinata a diventare sempre più povera.

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Fonte: Ansa

Per decenni, i modelli economici che hanno guidato le scelte dei governi sul cambiamento climatico ci hanno raccontato una favola rassicurante: che il riscaldamento globale, anche nei suoi scenari più estremi, avrebbe avuto un impatto economico contenuto. Ora, nuove evidenze scientifiche ci svegliano bruscamente da quell’illusione. Secondo uno studio pubblicato su Environmental Research Letters da un team australiano, un aumento della temperatura globale di 4°C renderebbe in media ogni persona del pianeta più povera del 40%.

Non è un errore di battitura, ma una stima quasi quattro volte superiore rispetto a quanto previsto dai modelli precedenti.

Gli errori sistemici nella valutazione del rischio climatico

Questo dato impone una riflessione profonda e urgente. Il problema non è solo climatico, ma metodologico e strutturale. Gli Integrated Assessment Models (IAM), i modelli integrati di valutazione su cui si è fondata la politica climatica globale, hanno infatti sistematicamente sottovalutato i rischi. Hanno considerato solo effetti climatici medi e locali, ignorando i veri motori della vulnerabilità economica: gli eventi estremi, i punti di non ritorno ecologici e le interconnessioni della nostra economia globale.

Pensiamo alle catene di fornitura globali: oggi il mondo funziona come un organismo iperconnesso. Un’alluvione in Sud-Est asiatico può bloccare la produzione industriale in Europa. Una siccità negli Stati Uniti può far impennare i prezzi alimentari in Africa. L’economia moderna non tollera shock estremi a ripetizione. Eppure, è proprio questo il futuro che ci attende in uno scenario di riscaldamento di 3 o 4 gradi: siccità prolungate, inondazioni, incendi, migrazioni di massa e tensioni geopolitiche.

L’approccio finora dominante, che vedeva nel cambiamento climatico un “problema lineare”, progressivo e sostanzialmente gestibile, ha mostrato i suoi limiti. Come ha sottolineato al Guardian il professor Andy Pitman, che ha lavorato allo studio: “Non si tratta della media delle temperature, ma degli estremi”. È negli eventi più gravi, più imprevedibili, che l’economia si rompe.

Il costo reale del cambiamento climatico

Il nuovo studio propone una revisione critica degli strumenti analitici: integrando le proiezioni climatiche con simulazioni economiche avanzate, riesce finalmente a dare un volto reale – e preoccupante – ai costi del cambiamento climatico. Anche uno scenario “ottimistico”, con un aumento di soli 2°C, comporterebbe una riduzione del PIL globale pro capite del 16%, dieci volte superiore rispetto alle precedenti stime. Per questo motivo, un aumento della temperatura globale di 4°C renderebbe in media ogni persona del pianeta più povera del 40%.

C’è però un messaggio di speranza tra le righe: affrontare seriamente la crisi climatica non è un costo, ma un investimento. Infatti, i benefici economici di una politica climatica ambiziosa sono stati anch’essi ampiamente sottovalutati. Decarbonizzare, innovare, rafforzare le infrastrutture e rendere le economie più resilienti significa costruire un futuro meno esposto ai disastri e più equo nella distribuzione della ricchezza. Vuol dire, quindi, investire oggi per non perdere tutto domani.

Il tempo delle stime prudenti è finito. Serve un nuovo paradigma economico, capace di comprendere la complessità e la fragilità del mondo interconnesso in cui viviamo. I dati ci dicono che l’inazione costa. Ma l’azione – se ben guidata – può ancora salvarci.

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