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Facebook vuole le nostre foto personali, quali sono i rischi per la privacy

Sta per arrivare una nuova funzione di Facebook che chiede l’accesso alle proprie foto personali per suggerire idee creativi. Che rischi ci sono per la privacy

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Facebook sta introducendo una nuova funzionalità basata sull‘intelligenza artificiale che chiede agli utenti di caricare le foto personali dai propri smartphone. Lo scopo è generare suggerimenti per collage, riassunti e altre idee creative, anche per quelle foto non caricate direttamente sul social network.

Questa innovazione, seppur pensata per migliorare la user experience sulla piattaforma, solleva importanti dubbi sulla privacy e sull’utilizzo di queste informazioni da parte dell’AI e delle grandi aziende tecnologiche.

Come funziona la nuova funzione di Facebook

Secondo quanto riportato da TechCrunch, già da qualche giorno gli utenti (ma per ora solo quelli negli USA) che tentano di creare una nuova Storia su Facebook visualizzeranno un nuovo pop-up che chiede loro l’autorizzazione a “consentire l’elaborazione dati su cloud“.

Il messaggio spiega che per aiutare la piattaforma a “creare nuove idee” saranno selezionati dei contenuti multimediali dalla galleria dello smartphone (che saranno caricati regolarmente sul cloud) per estrapolare dati come orario, luogo o specifiche tematiche utili per dare dei suggerimenti.

Tali suggerimenti saranno visualizzati solo dall’utente in questione e non saranno utilizzati per gli annunci pubblicitari personalizzati.

Questa novità, seppur sviluppata per migliorare la user experience sulla piattaforma e rendere il feed più vicino ai gusti dei vari utenti, solleva diverse preoccupazioni sulla privacy. Nonostante Meta affermi che i dati non saranno utilizzati per l’advertising migrato, gli esperti sono molto scettici al riguardo perché effettivamente la piattaforma non specifica quanto a lungo questi dati vengano conservati e tantomeno chi possa visualizzarli.

Inoltre, anche se queste informazioni non vengono utilizzate per la pubblicità mirata, potrebbero comunque finire in un set di dati di addestramento per modelli di AI o essere impiegati per creare profili utente.

Secondo gli esperti, dunque, dare queste informazioni in pasto a Meta corrisponde ad alimentare un algoritmo che impara silenziosamente abitudini, preferenze e schemi comportamentali nel tempo, tracciando un profilo più o meno dettagliato delle persone.

La gestione dei dati di Meta preoccupa gli esperti

L’introduzione di questa funzionalità si inserisce in un quadro più ampio di iniziative di Meta legate all’IA e, di recente, l’azienda di Menlo Park ha iniziato ad addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale utilizzando dati pubblici condivisi sulle sue piattaforme.

Oltre a questo, l’arrivo di Meta AI su WhatsApp, Instagram e Facebook Messenger apparso da un giorno all’altro sulle varie app e senza chiedere alcun consenso agli utenti, ha fatto storcere il naso a diverse persone che, senza averne bisogno, si sono trovati tra le mani un assistente AI che ha accesso a tutti i dati contenuti nelle app di cui sopra.

Questa tendenza riflette un approccio crescente da parte delle aziende tecnologiche che unisce la comodità offerta dall’IA generativa a un potenziale monitoraggio dei comportamenti degli utenti con l’introduzione di funzioni smart che possono sembrare utili ma che, effettivamente, si basano sul monitoraggio continuo dei dispositivi da parte dell’AI. Questo rende ancora più importante la consapevolezza degli utenti sulle impostazioni sulla privacy, il consenso esplicito e la limitazione della raccolta dati.

La questione è ancora aperta e, mentre in Europa il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) vigila sugli utenti, nel resto del mondo non ci sono le stesse garanzie e utilizzare applicazioni che inviano dati verso server dislocati chissà dove (vedi il caso DeepSeek o quello TikTok) può rappresentare una grande incognita per la propria privacy.

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