Meta AI ha problemi con la privacy, che fine fanno i dati degli utenti
Nuovi problemi sulla privacy per Meta AI con migliaia di conversazioni confidenziali tra gli utenti e il chatbot che sarebbero diventate di pubblico dominio

Meta AI continua a far parlare di sé e dopo tutti i dubbi sull’arrivo dell’intelligenza artificiale su WhatsApp, l’azienda finisce di nuovo nell’occhio del ciclone per questioni di privacy.
Sembra infatti che le conversazioni con il chatbot, che dovrebbero essere “confidenziali” possano essere pubblicate (involontariamente) in rete, diventando accessibili a chiunque. Quando si interagisce con questo tool, infatti, c’è l’apposito pulsante per condividere la conversazione, quello che non è chiaro, però, è che questa operazione è di pubblico dominio, esponendo i propri dati personali alla vista di chiunque.
Perché Meta AI è un pericolo per la privacy
Pur trattandosi di un’esposizione involontaria, il fatto di condividere informazioni spesso personali in rete può diventare tanto imbarazzante quanto pericoloso. Al momento, gli esperti di sicurezza informatica hanno scovato in rete molte conversazioni private, niente di compromettente, si capisce, ma comunque si tratta di richieste che possono mettere a disagio gli utenti che credevano di parlare privatamente col chatbot e invece esponevano i propri problemi intimi al mondo.
Altre conversazioni viravano su temi più delicati come l’evasione fiscale che, oltretutto, è anche illegale e può rappresentare un serio problema per le persone. In altri casi si chiedeva all’AI di scrivere una lettera di raccomandazione, con tanto di nome e dati personali della persona da raccomandare. Spesso si è arrivato anche alla pubblicazione di indirizzi di residenza, numeri di telefono e dati giudiziari sensibili, altra palese violazione della privacy che conferma ulteriormente il fatto che non bisogna mai condividere informazioni del genere con l’AI.
La situazione è grave e il vero problema sta nel fatto che Meta non ha chiesto esplicitamente agli utenti di indicare chiaramente le loro impostazioni sulla privacy al momento della pubblicazione. Così come non ha specificato dove tali contenuti vengono pubblicati.
Perciò, se un utente utilizza Meta AI su Instagram e ha un account pubblico, tutte le sue ricerche (anche quelle più intime e personali) potrebbero diventare di dominio pubblico.
La cosa pazzesca è che questa mancanza di chiarezza, sembra avvalorare l’ipotesi che Meta abbia concepito la sua AI per essere di pubblico dominio, proprio come le piattaforme social a cui è connessa, immaginando volutamente come pubblica ogni conversazione al suo interno. Altrettando assurdo il fatto che nessuno all’interno dell’azienda abbia pensato di specificare una cosa del genere e che a nessuno sia venuto in mente che alcune conversazioni devono restare private.
Meta AI può risolvere i suoi problemi con la privacy?
Al momento, Meta non ha ancora risposto alle domande poste dagli esperti, così come non ha ancora commentato il fatto che le conversazioni col suo chatbot AI siano diventate di dominio pubblico.
Del resto, sin dal suo arrivo sulle varie piattaforme Meta AI ha subito generato un’ondata di malcontento, soprattutto per quelle persone che non hanno bisogno di funzioni del genere (e non le hanno minimamente richieste) ma si sono viste piombare addosso l’inconfondibile icona senza la possibilità di scegliere.
Idem per l’applicazione ufficiale (svincolata dai social) che, al momento, ha registrato un numero di download modesto, evidenziando apertamente il disinteresse degli utenti che, al momento, sembrano preferire altre opzioni come ChatGPT e Google Gemini, molto più efficienti e sicuramente molto più attente alla privacy sei propri utenti.