Misteriose sostanze tossiche sono uscite dai container in questi anni: cosa sappiamo
In alcuni container della Nuova Zelanda sono stati scoperti gas a dir poco pericolosi per l'uomo, oltre ad alcune sostanze cancerogene
Quanto può essere inquinante un semplice container? Può sembrare una domanda strana, ma in realtà è necessario porsela dopo quello che è andata a scoprire una dottoranda che vive in Nuova Zelanda. Si sta parlando di Ruth Hinz, studentessa che frequenta la Massey University e che ha analizzato le sostanze chimiche sprigionate appunto da alcuni container che si trovano nel suo paese.
La sua curiosità si è accesa in seguito a un incidente portuale poco noto avvenuto nel 2006 a Rotterdam. I contenitori cargo sembravano innocui, in quanto contenevano solamente oggetti in vetro e ceramica. Gli operai che aprirono quei container, però, furono investiti da un pericoloso gas tossico: fortunatamente non ci sono state conseguenze negative, ma la paura è stata tanta.
Secondo quanto riferito da Hinz, ogni singolo container può essere definito un vero e proprio “cocktail di sostanze chimiche”. L’esempio principale è quello del bromuro di metile, un gas incolore, altamente tossico, infiammabile e dall’odore simile al cloroformio che però sarebbe vietato in molti paesi. Il rischio, in questo caso, è quello di dar vita a un vento tossico come quello che ha spaventato di recente il Congo. La mancanza di etichettature che informino i lavoratori portuali sui rischi dei container fa purtroppo la differenza, soprattutto quando queste persone hanno a che fare con i carichi di cibo, mangime e legname.
I pericoli delle confezioni
Oltre al bromuro appena descritto, i container sono in grado di sprigionare ossido di etilene (il quale può essere addirittura esplosivo se mescolato con l’aria) e la fosfina: quest’ultima serve soprattutto per il controllo dei parassiti, dato che può uccidere facilmente anche quando le concentrazioni non sono poi così elevate. E che dire delle confezioni all’interno dei container stessi? Hinz ha scoperto ad esempio che ci potrebbero essere benzene e toluene, entrambi molto pericolosi per la salute dell’uomo. Per la sua ricerca, la dottoranda ha collaborato con l’autorità doganale della Nuova Zelanda, utilizzando sonde specifiche.
Concentrazioni a rischio
In questo modo è stato possibile esaminare ogni parte del container, persino le guarnizioni in gomma degli sportelli che potrebbero sembrare innocue. Il campionamento ha riguardato quasi 500 contenitori e per non farsi mancare nulla, Hinz ha esaminato anche l’aria, accorgendosi dei cambiamenti in tempo reale delle varie concentrazioni. I risultati finali sono stati a dir poco impressionanti. Nell’81% dei container portuali, dunque una buona maggioranza, è stata trovata formaldeide, mentre l’ossido di etilene era presente in circa il 5% del campione esaminato. L’esposizione può causare sintomi non piacevoli, dal vomito fino alla diarrea, senza dimenticare il potenziale cancerogeno.
Il bromuro non è mancato e si tratta della stessa sostanza che è quasi costata la vita ai dipendenti del porto di Rotterdam. Spesso questi lavoratori non si rendono nemmeno conto del pericolo a cui vanno incontro, in quanto i gas tossici possono rimanere nei container a causa dei carichi e scarichi precedenti, purtroppo è un problema fin troppo sottovalutato. La speranza è che la ricerca neozelandese possa accendere i riflettori sul fenomeno: sarà pur vero che le prime forme di vita sulla Terra sono nate da un gas velenoso, ma con quelli attuali è davvero impossibile convivere.