C'è qualcosa negli abissi più profondi: mistero sulle isole "fantasma"
Sarebbero molto più che reali le "isole fantasma" a lungo dipinte in racconti di fantasia. A dimostrarlo arriva uno studio che ha trovato qualcosa di misterioso negli abissi del Galles
Sulle isole perdute e sulle civiltà che riposerebbero sul fondo del mare, diciamolo pure, esiste una fitta produzione letteraria che da sempre incanta e appassiona i sognatori. La novità, però, è che adesso le isole fantasma interessano anche gli scienziati. Perché sì, in una precisa zona del mondo sarebbero state rinvenute tracce che ne attestano la presenza.
Nello specifico, avrebbero trovato riscontro delle leggende legate ad antichissime storie gallesi, risalenti al periodo medievale. In quei tempi è nata la rappresentazione di un paesaggio suggestivo scomparso nel mare, inghiottito tra i flutti. Adesso, a distanza di secoli, sul fondo delle acque della costa del Galles 0ccidentale, è apparso qualcosa che può dirci che non si trattava solo di fantasia.
Gli studi sulle isole “fantasma” del Galles
Ma cosa ha spinto gli scienziati a indagare sulle isole fantasma? In sostanza, due team specializzati e internazionali appartenenti alla Swansea University e all’Università di Oxford si sono coordinati partendo da alcuni precisi dati geologici e da un documento speciale, la mappa di Gough. Questa mappa è la prima mappa della Gran Bretagna mai prodotta, ed è conservata alla Bodleian Library dell’Università di Oxfort.
Cosa c’è di tanto speciale in questa mappa? Semplice: ritrae due isole che dovrebbero trovarsi a Cardigan Bay, ma che al giorno d’oggi non esistono. Gli scienziati si sono dunque chiesti se questi due atolli siano stati inghiottiti dall’Oceano, considerando che la loro rappresentazione sembra essere dettagliatissima: la prima si troverebbe tra Aberystwyth e Aberdovey e l’altra tra Aberdovey e Barmouth. Entrambe le isole, se realmente esistite, sarebbero state grandi un quarto rispetto all’esistente isola di Anglesey, nel nord gallese.
Le tracce e i resti delle isole perdute negli abissi
Partendo dunque dalla mappa, i due team, capitanati da Simon Haslett, Professore onorario di geografia fisica alla Swansea University e da David Willis, Professore di studi antropologici e geofisici all’Università di Oxford, hanno rinvenuto delle prove geologiche attestate dalla conformazione dei fondali marini. Basandosi sulle fonti storiche, poi, hanno proposto un modello di come la costa gallese si possa essere evoluta, partendo dall’ultima Era Glaciale.
In base a quanto desunto, dunque, le due isole “fantasma” sarebbero davvero esistite. Nello specifico, si tratterebbe dei resti di un paesaggio pianeggiante che, anticamente, doveva essere ricoperto da depositi glaciali particolarmente friabili. La loro scomparsa sarebbe dovuta alla forza della fisiologica erosione della terra, che le ha consumate fino a quando non sono completamente svanite. A dimostrazione di quanto detto, ci sarebbero dei componenti di ghiaia e massi negli abissi dove un tempo le de isole dovevano sorgere, che corrispondono a quanto ipotizzato.
Le isole perdute e il mondo che cambia
Perché la scoperta della presenza delle isole perdute è così importante? A spiegarlo sono i professori Haslett e Willis: “Sappiamo che la costa del Galles occidentale è mutata in modo significativo nel tempo. Le prove del cartografo romano Tolomeo suggeriscono che la costa, 2000 anni fa, potrebbe essere stata circa 13 km più ampia rispetto a oggi. La mappa di Gough è straordinariamente accurata e le due isole sono chiaramente segnalate. Ciò significa che tutto il mondo continua progressivamente a cambiare. E che dovremmo tenerne conto, ogni giorno, e regolarci di conseguenza”.
Le due isole perdute, dunque, aiutano gli scienziati ad aumentare la propria comprensione dei potenziali processi costieri che agiscono in tutto il mondo. E che, visto il degenerare della salute del mondo, potrebbero essere accelerati. A meno che non si faccia qualcosa.