Riscaldamento globale, individuato il punto di non ritorno: abbiamo una data
Riscaldamento globale: l'Accordo di Parigi puntava a restare sotto 1,5°C, il report ufficiale dell'ONU afferma che non basta più restare al di sotto di quella soglia.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è un foro scientifico costituito nel 1988 allo scopo di studiare il riscaldamento globale. L’IPCC è alimentato da due organismi interni dell’ONU, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ed il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
L’ultimo report dell’IPCC, che porta la firma di 195 Paesi, sottolinea l’impatto “inequivocabile” delle attività umane sul riscaldamento globale, e individua lo stato di una situazione che riguarda il presente tanto quanto il futuro.
Cinque possibili scenari
I ricercatori dell’IPCC hanno rilevato che gli ultimi quarant’anni sono stati mediamente i più caldi dal 1850: il riscaldamento globale “non è un problema del futuro, è qui e ora e coinvolge ogni regione del mondo”, afferma Friederike Otto, tra gli autori del rapporto.
Il fatto che esistano diversi possibili scenari per il prossimo futuro, in sostanza, dipende da come ci comporteremo: i cinque scenari proposti dall’IPCC dipendono infatti dalla quantità di emissioni prodotte dalle attività umane.
“Saranno le nostre scelte e le nostre attività a determinare dove finiremo nei prossimi decenni”, afferma Joeri Rogelj dell’Imperial College London. Attualmente, l’umanità produce circa 40 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno: lo scenario più ottimistico ipotizzato dai ricercatori è quello che prevede una diminuzione delle emissioni totali a circa 5 miliardi di tonnellate entro il 2050.
Nello scenario peggiore, nel 2050 produrremo circa il doppio delle emissioni di CO2 registrate oggi: è in breve il destino di un mondo non regolato da accordi internazionali che antepongano la salute del pianeta agli interessi economici e politici dei Paesi coinvolti.
Uno scenario del genere, condurrà secondo la ricerca ad un aumento di 4,4°C nel periodo 2081-2100. Se riuscissimo almeno a mantenere stabile la quantità di emissioni totali, avremmo uno scenario intermedio, con un innalzamento delle temperature di 2,7°C.
Soltanto lo scenario più ottimistico, quello per cui entro vent’anni taglieremo di otto volte le emissioni di CO2, lascerebbe sperare in un ulteriore aumento delle temperature di 1,4°C.
Secondo Rogelj, lo scenario più probabile è però quello che condurrà il pianeta ad un riscaldamento globale compreso tra i 2,7 ed i 3,6°C.
In ogni caso, quale che sia lo scenario preso in considerazione, è oggi chiaro che nei prossimi anni raggiungeremo la soglia critica stabilita dall’Accordo di Parigi del 2015, consegnando il tentativo di limitare il riscaldamento globale ad una sconfitta altrettanto globale.
Il punto di non ritorno
Scopo dell’Accordo di Parigi era quello di contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali: il confronto, anche nei dati IPCC, è infatti quello con il periodo 1850-1900.
Il fatto che tutti e cinque gli scenari proposti dall’IPCC, compreso quello più ottimista, superino la soglia indicata dall’Accordo del 2015, potrebbe suonare come la condanna definitiva.
Il punto di non ritorno arriverà, entro i prossimi vent’anni, a prescindere da quanto i Governi e le istituzioni internazionali si impegnino nel contrasto alle emissioni di gas serra. La soglia dei 1,5°C verrà superata in ogni caso, e ciò condurrà all’amplificazione di quei terribili effetti già visibili nelle ondate di caldo anomalo in Canada, Russia e Cina, nelle alluvioni in Germania e nello scioglimento di sempre più vaste aree di ghiacci perenni.
Si prevede che il Polo Nord sarà completamente privo di ghiaccio durante la stagione estiva già prima del 2050, e questo in tutti e cinque gli scenari individuati dagli scienziati.
Quello sul riscaldamento globale è un report inevitabilmente drammatico: gli effetti dell’attività industriale sul clima sono già fin troppo evidenti, e per quanto i Governi si impegnino a firmare e controfirmare carte, sono ancora troppi gli attori che non valutano a dovere quella che è l’emergenza planetaria del secolo.
La buona notizia, perché c’è una piccola speranza, è nello scenario più ambizioso tra i cinque proposti dal report. Come spiega Ed Hawkins, dell’Università di Reading, “con le emissioni a zero e la rimozione di CO2 dall’atmosfera, potremmo vedere il riscaldamento tornare a 1,4°C entro il 2100”. Ed aggiunge: “ogni cambiamento conta, le conseguenze saranno sempre peggiori mano a mano che aumenta la temperatura”, motivo per cui ogni tonnellata di CO2 conta, a prescindere dalle cifre, e dalle date, indicate dai documenti ufficiali. Dopo l’1,5%, spiega Hawkins, non c’è la fine del mondo: per evitare scenari catastrofici, quindi, l’unica strategia applicabile è quella che punta alle zero emissioni. Da subito, perché la data che segna il punto di non ritorno è oggi.
Alessandra Caraffa