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Contenuti pirata: la sentenza del tribunale che farà storia

Per la terza volta il Tribunale di Milano nega a CloudFlare la possibilità di operare con i siti che trasmettono e distribuiscono materiale piratato: risvolti importanti sulla nuova legge antipirateria

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CloudFlare, uno dei più grandi Content Delivery Network (CDN) al mondo che si occupa anche di servizi di sicurezza online e di DNS distribuiti, è nuovamente stato obbligato dal Tribunale di Milano a bloccare tre siti che ospitano e distribuiscono file torrent di musica, film, serie TV piratati. I siti in questione sono ilcorsaronero, kickasstorrents e limetorrents e tutto nasce da una denuncia di Sony Music, Warner Music e Universal, i cui contenuti sono regolarmente diffusi in modo illegale dai tre siti.

Torrent pirata: la sentenza

Già l’anno scorso il tribunale, con un’ordinanza provvisoria, aveva bloccato kickasstorrents, limetorrents e ilcorsaronero a seguito di un’ordinanza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), causando le proteste di CloudFlare.

L’ordinanza è stata poi ribadita a novembre scorso, quando il tribunale ha confermato il blocco respingendo del tutto la difesa di CloudFlare, che affermava che chiedere ai risolutori di DNS (come, appunto, CloudFlare) di bloccare un sito comporta un controllo sulla navigazione dell’utente finale, con conseguenza pesanti sulla sua privacy.

Secondo il tribunale, però, “L’obbligo di Cloudflare di intervenire per impedire la risoluzione dei nomi non discende da un generico obbligo di vigilanza ma nasce con la segnalazione della specifica attività illecita svolta attraverso il servizio pubblico di DNS“.

Ma CloudFlare si è nuovamente opposta, affermando questa volta che eseguire l’ordinanza dell’AGCM avrebbe comportato problemi tecnici al suo servizio, impattando sul suo business e favorendo i suoi concorrenti.

Ma il Tribunale di Milano ha negato anche questo, affermando che CloudFlare blocca già in via preventiva tutte le richieste di risoluzione DNS verso siti che contengono materiale pedopornografico e ciò non le comporta alcun problema tecnico, né svantaggi sul mercato.

Cosa vuol dire DNS

Per capire l’importanza di questa sentenza è necessario capire prima cosa vuol dire DNS e come funziona questo sistema, sul quale si basa buona parte del Web moderno.

DNS vuol dire Domain Name System e, secondo la stessa CloudFlare, è “la guida telefonica di Internet“. Grazie a questo sistema l’utente può trovare un sito digitando il suo nome (che è facile da ricordare) e non il suo indirizzo IP (che è una stringa di numeri difficilissima da memorizzare).

La “traduzione” dal nome del sito al suo indirizzo IP viene chiamata “risoluzione DNS” e viene effettuata da aziende come CloudFlare, che fanno in modo che anche se milioni di utenti chiedono contemporaneamente lo stesso sito, nulla si inceppi e tutti possano “atterrare” su quel sito.

DNS e siti pirata

In passato, quando le autorità trovavano un sito di streaming pirata o con contenuti illegali scaricabili on demand, chiedevano al giudice il blocco dell’indirizzo IP del sito in questione.

Tale scelta tecnica si è rivelata ben poco efficace, perché è sempre possibile mantenere online il siti illegale, cambiargli IP e affidarsi ad un servizio di risoluzione DNS per fare in modo che l’utente possa usare il sito.

In pratica l’utente digiterà “nomesitopirata.xyz” e poi il servizio DNS “tradurrà” quella stringa di testo con il nuovo indirizzo IP e non più con il vecchio (che è stato bloccato). In pochi minuti, in questo modo, si aggira senza problemi il blocco di un sito illegale.

Per questo la nuova strategia è quella di bloccare la risoluzione DNS e non più l’IP: in questo modo si taglia il ponte tra ciò che chiede l’utente e il sito vero e proprio.

DNS e privacy

Tutto questo ha delle conseguenze sulla privacy degli utenti, che sono state usate da CloudFlare (come visto, senza risultato) nella sua difesa in tribunale.

Il blocco della risoluzione DNS verso un sito illegale, infatti, comporta il fatto che CloudFlare (o l’azienda che fa la risoluzione DNS) sappia che Mario Rossi sta chiedendo il sito pirata.

Proprio per questo motivo molti software per le VPN (le reti private virtuali, tecnologia per aumentare la privacy online) offrono anche il servizio di risoluzione DNS su server alternativi.

Perché la sentenza è importante

Molti dei termini che avete letto in questo articolo, probabilmente, li avete già sentiti nei giorni scorsi in occasione dell’approvazione della nuova legge antipirateria.

Questo perché la nuova legge prevede una procedura di blocco dei siti illegali praticamente identica a quella oggetto della sentenza di Milano: l’AGCOM ordina il blocco di un sito, che viene inibito anche tramite divieto di risoluzione DNS.

Questa parte della nuova legge ha suscitato diversi mal di pancia tra i fautori della privacy, per i motivi già descritti. Ma il Tribunale di Milano ha appena affermato che bloccare la risoluzione DNS verso siti che trasmettono (o mettono a disposizione, on demand) materiale piratato non comporta alcuna violazione della privacy dell’utente finale.

O, quanto meno, non c’è violazione della privacy quando la vigilanza non è a tappeto e generalizzata, ma deriva da una precisa e circostanziata segnalazione. La nuova legge antipirateria, proprio per questo, prevede la nascita di una piattaforma di segnalazione dei contenuti illegali e un meccanismo di richiesta di blocco immediato da parte dell’AGCOM.

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