SCIENZA

Un buco nero ha emesso getti di energia potentissimi puntando, anche, la Terra

Il getto d'energia potentissimo emesso a miliardi di anni luce e rilevato dalla Terra farà luce sulla nostra comprensione dei buchi neri supermassicci

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Fonte: X-ray: NASA/CXC/CfA/J. Maithil et al.; Illustration: NASA/CXC/SAO/M. Weiss; Image Processing: NASA/CXC/SAO/N. Wolk

Quasi 11,6 miliardi di anni fa, nel corso di quello che viene definito il “mezzogiorno cosmico”, un buco nero ha sprigionato un getto d’energia potentissimo. Quanto? Abbastanza da poter essere visibile ancora oggi. Il tutto grazie a quello che è il bagliore residuo del Big Bang. Lo ha rilevato il telescopio a raggi X Chandra, della Nasa.

Il getto energetico che attraversa il tempo

Scavando a fondo nel cuore dell’universo giovane, in una fase in cui galassie crescevano al ritmo più rapido della loro storia, un buco nero ha generato un getto di particelle tanto potente e veloce da lasciare un’impronta osservabile a miliardi di anni luce di distanza.

La scoperta è stata effettuata da un team di scienziati del Center for Astrophysics (Harvard & Smithsonian), guidati da Jaya Maithil. Sono stati sfruttati i dati combinati del telescopio a raggi X Chandra e del radiotelescopio Very Large Array.

La denominazione dei due buchi neri osservati è la seguente:

  • J1405+0415;
  • J1610+1811.

Sono rispettivamente a 11,6 e 11,7 miliardi di anni luce dalla Terra. I loro getti si estendono per oltre 300mila anni luce. La particolarità è che J1610+1811 trasporta circa la metà dell’energia totale emessa dal materiale caldo che orbita attorno a l buco nero. Un dato decisamente sorprendente, considerando l’epoca in cui tutto ciò si è verificato.

Il bagliore del Big Bang

Riusciamo ad ammirare questi due getti grazie a un’interazione unica con il fondo cosmico a microonde (Cmb), la radiazione residua del Big Bang. Scendendo nel dettaglio, quando gli elettroni del getto viaggiano a una velocità compresa tra il 92 e il 99% della luce, collidono inevitabilmente con i fotoni del Cmb. Il risultato è un’amplificazione dell’energia fino alla banda dei raggi X.

Questo processo è noto come scattering Compton inverso. Ha consentito a Chandra di rilevarli con un grado di nitidezza mai raggiunto in precedenza.

11 miliardi di anni fa la densità del Cmb era molto più alta rispetto a oggi. Ciò rende ancora più efficiente questa interazione. Il bagliore fossile dell’universo si può dire che abbia “illuminato” il getto. Ciò ha reso visibile quanto sarebbe stato altrimenti troppo distante e debole per essere osservato e analizzato.

Nuove tecnologie e risposte antiche

La scoperta ha implicazioni dirette sulla nostra comprensione del comportamento dei buchi neri supermassicci. Al tempo stesso anche delle origini dell’universo osservabile. Nel corso del “mezzogiorno cosmico”, i buchi neri come quelli scoperti erano in una fase di crescita esplosiva. Influenzavano l’evoluzione delle galassie e la distribuzione della materia.

I ricercatori possono ottenere un supporto cruciale nel migliorare i modelli di evoluzione galattica. Al tempo stesso, però, anche interpretare correttamente le osservazioni dei quasar, ovvero gli oggetti più luminosi dell’universo.

Le nuove tecnologie, dai sensori di Chandra alla modellazione statistica avanzata, consentono agli esperti di esplorare epoche remote del nostro cosmo. Il tutto con una precisione che, anno dopo anno, cresce incredibilmente. Ogni nuova scoperta, come questa, si traduce in un tassello fondamentale per ricostruire la storia dell’universo.

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