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Avvistati 3 buchi neri "killer" che divorano stelle: cosa sappiamo

I 3 buchi neri "killer" che divorano stelle appena individuati sono definiti transienti nucleari estremi ed emettono energia potentissima: ecco perché sono importanti

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Tre buchi neri che divorano stelle sono stati recentemente osservati grazie ai dati raccolti dalla NASA e dall’ESA. Questi rari eventi, chiamati transienti nucleari estremi, rappresentano le esplosioni cosmiche che scatenano energia più potenti mai documentate dopo il Big Bang. Ecco spiegato cosa sono, come si manifestano e perché rivoluzionano la nostra comprensione dei buchi neri supermassicci e della loro evoluzione nelle galassie.

Cosa succede quando un buco nero divora una stella?

I buchi neri supermassicci sono oggetti talmente densi e potenti da piegare lo spazio-tempo, eppure spesso restano invisibili, silenziosi e inattivi. Ma in rari casi, quando una stella massiccia si avvicina troppo, il buco nero si risveglia, attirandola con la sua gravità e distruggendola in un evento che genera un livello di energia impressionante. Questi episodi non solo producono radiazione ad alta energia, ma possono anche illuminare il buco nero per diversi mesi, rendendolo finalmente osservabile.

I tre eventi più potenti mai registrati

I tre eventi astronomici rari sono stati individuati in galassie lontane grazie a una combinazione di osservazioni dallo Spazio e dalla Terra. Il primo è stato scoperto nel 2020 e soprannominato Barbie (dal codice identificativo ZTF20abrbeie). Gli altri due sono stati rilevati dalla missione Gaia dell’ESA nel 2016 e 2018.

Ognuno di questi buchi neri “killer” ha inghiottito una stella estremamente massiccia – tra 3 e 10 volte la massa del nostro Sole – dando origine a un’intensa emissione di luce, che ha raggiunto il suo massimo splendore dopo più di 100 giorni.

Tali eventi hanno prodotto un’energia superiore a quella di 100 supernove, rendendoli un chiaro esempio di transienti nucleari estremi. Le emissioni si sono rivelate così potenti da modificare l’ambiente galattico circostante e fornire nuove informazioni sui buchi neri nell’Universo primordiale.

Come la NASA ha confermato l’origine di questi fenomeni

Per determinare che si trattava effettivamente di buchi neri “killer” e non di normali esplosioni stellari, la NASA ha utilizzato strumenti come il Neil Gehrels Swift Observatory e i dati del satellite WISE, oggi riattivato e chiamato NEOWISE. Analizzando la variazione della luce nei raggi X, nell’ultravioletto e nell’ottico, gli scienziati hanno individuato una “firma” unica, compatibile con quella di un buco nero che “mangia” una stella.

Inoltre, numerosi osservatori terrestri – come i telescopi Keck, Pan-STARRS, ATLAS e Catalina – hanno contribuito all’identificazione dei segnali luminosi e alla caratterizzazione dell’ambiente ricco di polveri in cui si sono verificati questi eventi.

Perché questi eventi sono fondamentali per l’astrofisica

Secondo Jason Hinkle, autore principale dello studio e ricercatore all’Università delle Hawaii, questi episodi sono “gli unici momenti in cui possiamo davvero osservare buchi neri massicci normalmente inattivi”. In altre parole, i transienti nucleari estremi ci permettono di studiare ciò che di solito resta nascosto nell’oscurità delle galassie.

Il futuro della ricerca si arricchirà con nuovi strumenti come il Nancy Grace Roman Space Telescope, che sarà lanciato entro il 2027. Quest’ultimo, grazie alla sua sensibilità all’infrarosso, sarà in grado di individuare eventi del genere anche a oltre 12 miliardi di anni luce di distanza aprendo nuove frontiere per lo studio della formazione di stelle, galassie e buchi neri.

Un nuovo modo per esplorare l’Universo

Gli scienziati ora hanno un “modello” da seguire per individuare altri buchi neri che divorano stelle. Questo tipo di ricerca non solo amplia la nostra conoscenza dell’evoluzione delle galassie, ma ci aiuta anche a rispondere a una delle grandi domande dell’astronomia: come crescono i buchi neri nell’Universo?