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Data center sottomarini: come è andata a finire

Microsoft ha sospeso il progetto di realizzare data center sottomarini ma la piattaforma installata continuerà a funzionare per altre attività di ricerca

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Fonte: Gorodenkoff / Shutterstock.com

Sono passati diversi anni dall’avvio di Project Natick, il progetto con cui Microsoft puntava a realizzare dei data center sottomarini. Il primo test era stato avviato nel 2018, al largo delle coste della Scozia. Come riportato da datacenterdynamics.com, che ha raccolto le dichiarazioni di Noelle Walsh, responsabile della divisione Cloud Operations + Innovation (CO+I) di Microsoft, il progetto è stato sospeso e l’azienda non ha in programma di realizzare nuove iniziative analoghe. Eppure, anche se verrebbe da pensare il contrario, il progetto aveva dato ottimi risultati.

Addio ai data center sottomarini

La scelta di Microsoft è netta e pone fine a una sperimentazione andata avanti per diversi anni. Project Natick è stato chiuso e Microsoft non realizzerà altri data center sottomarini nel corso del prossimo futuro, valutando opzioni alterative per l’aggiornamento e il potenziamento della sua infrastruttura.

La manager dell’azienda americana, sulla questione, ha dichiarato: “Il mio team ci ha lavorato e ha funzionato. Abbiamo imparato molto sulle operazioni sotto il livello del mare e sulle vibrazioni e gli impatti sul server. Quindi applicheremo quegli insegnamenti ad altri casi“.

Le motivazioni di questa scelta non sono state chiarite. I dati raccolti, in ogni caso, rappresentano un’importante base di partenza per lo sviluppo di progetti futuri da parte di Microsoft che, da tempo, sta studiando varie soluzioni per la realizzazione di data center in condizioni diverse da quelle che caratterizzano i normali siti su terraferma.

Una nuova vita per Project Natick

L’idea di realizzare data center sottomarini è stata abbandonata ma il lavoro svolto negli ultimi anni continuerà ad essere sfruttato da Microsoft. L’azienda ha raccolto dati importanti: solo 6 degli 855 server sottomarini installati hanno subito delle rotture.

Tra i 135 server installati sulla terraferma (per realizzare un confronto diretto con i server sottomarini), invece, le rotture sono state 8, con una percentuale nettamente superiore. Secondo Microsoft, questo risultato è legato alla possibilità, per i server sottomarini, di beneficiare dei vantaggi di una temperatura esterna stabile.

Un altro fattore importante che ha determinato un tasso di rotture così ridotto è il gas azoto inerte con cui sono stati riempiti i locali del data center sottomarino. La combinazione di questi elementi potrebbe, quindi, garantire un incremento della longevità dell’infrastruttura, un aspetto chiave per il contenimento dei costi dei server.

Noelle Walsh ha confermato che, anche se Microsoft attualmente non dispone di server sottomarini, Project Natick continuerà a funzionare anche se in una veste differente. L’azienda utilizzerà il progetto come nuova piattaforma di ricerca, con l’obiettivo di sperimentare e testare il funzionamento dei server in vari contesti di utilizzo e, in particolare, valutare l’effetto dell’immersione in liquidi sul funzionamento dell’infrastruttura.

Nel corso dei prossimi anni, Microsoft raccoglierà ulteriori dati che potrebbero essere utilizzati per l’avvio di nuovi progetti analoghi a quanto fatto con Natick. Nel frattempo, l’azienda ha già reso open source alcuni brevetti legati al funzionamento dei data center sottomarini. Tali brevetti potrebbero essere utilizzati da altre compagnie del settore per avviare progetti simili a Project Natick.

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