SCIENZA

Un enorme buco si è aperto misteriosamente nell’atmosfera: ma cos'è?

Stando a un recente studio canadese, nell'atmosfera terrestre esisterebbe un secondo buco dell'ozono tropicale. Ma non tutti sono d'accordo.

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Fonte: 123RF

Dagli anni Ottanta viviamo nella consapevolezza che un buco nell’ozono, situato in corrispondenza dell’Antartide, mette a rischio la vita sulla Terra. In concentrazioni che variano a seconda della latitudine, dell’altitudine e della temperatura, lo strato di ozono ricopre il Pianeta e protegge gli esseri viventi (inclusi noi umani) dalle radiazioni ultraviolette del sole. Qualsiasi “strappo” in questo strato dell’atmosfera terrestre, dunque, rappresenta un serio pericolo. E se ci fosse un altro enorme buco?

Buco dell’ozono tropicale, l’allarmante scoperta

Secondo il professor Qing-Bin Lu, scienziato dell’Università canadese di Waterloo in Ontario, esiste un secondo enorme buco dell’ozono. Una scoperta sensazionale che apre le porte a uno scenario inedito: finora è stata confermata soltanto la presenza del buco dell’ozono antartico, ma per il professor Qing-Bin Lu abbiamo convissuto con il “gemello” tropicale, che appare soltanto nella stagione primaverile. Ma non è tutto: lo studio canadese conferma che il fenomeno non è storia recente ed è radicato nel Pianeta sin dagli anni Ottanta.

“I tropici costituiscono metà della superficie del pianeta e ospitano circa la metà della popolazione mondiale – afferma il professore nello studio pubblicato sulla rivista AIP Advances lo scorso giugno -. L’esistenza del buco dell’ozono tropicale può causare una grande preoccupazione globale. La scoperta richiede ulteriori studi sull’esaurimento dell’ozono, sul cambiamento delle radiazioni UV, sull’aumento dei rischi di cancro e su altri effetti”.

Lo studio prende le mosse da una precedente ricerca del team canadese sulla teoria dell’esaurimento dell’ozono. Stando ai risultati ottenuti, a influire sull’integrità del secondo strato dell’atmosfera terrestre sarebbe anche l’azione dei raggi cosmici provenienti dallo spazio che, con il passare del tempo, ridurrebbero drasticamente l’ozono che ricopre la Terra.

Uno studio controverso: cosa c’è di vero?

Lo studio del professor Qing-Bin Lu ha scaturito sin da subito un acceso dibattito nella comunità scientifica. La sua è una teoria che agli occhi di molti luminari sembra altamente improbabile, o quantomeno non prevista dai modelli fotochimici convenzionali.

Partendo dal presupposto che il fenomeno del buco nell’ozono è condizionato da diversi fattori quali l’utilizzo massivo di sostanze chimiche industriali (principalmente clorofluorocarburi) e sostanze utilizzate in alcuni spray aerosol, agenti espandenti per schiume e refrigeranti, sono quasi tutti concordi nell’affermare che le valutazioni del professor Qing-Bin Lu siano approssimative. E che, dati alla mano, le variazioni registrate nello strato di ozono cosiddetto “tropicale” rientrerebbero nei valori considerati nella norma, frutto sia dei processi guidati dall’uomo che di fattori naturali.

Ma le critiche allo studio canadese non si fermano qui. Secondo la professoressa Marta Abalos Alvarez, ricercatrice dell’Università Complutense di Madrid, i calcoli e le valutazioni conterrebbero “gravi errori e affermazioni infondate”. Senza contare che, poi, c’è chi ritiene un errore aver reso pubblico lo studio nonostante non abbia i presupposti per esser considerato generalmente valido.

Emergenza rientrata, dunque? Come ha affermato lo stesso professor Qing-Bin Lu lo studio ha raggiunto dei risultati, a suo dire validi, ma che richiedono seri approfondimenti. L’unica certezza è che, se la sua teoria venisse confermata, la presenza di un secondo buco nell’ozono nell’atmosfera terrestre ci metterebbe di fronte alla medesima situazione registrata tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta quando era palpabile il pericolo che l’ozono si esaurisse completamente, privandoci della più importante protezione dai raggi UV.

L’azione dei governi, che hanno aderito al Protocollo di Montreal nel 1987, ha portato ad adottare misure drastiche per eliminare gradualmente dal Pianeta le sostanze chimiche dannose per lo strato di ozono nell’atmosfera e la situazione è nettamente migliorata, al punto che si stima che il buco dell’ozono antartico si chiuderà entro il 2060.

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