SCIENZA

Ghiacci artici tra i più bassi di sempre: minimo storico allarmante

I satelliti della NASA fotografano una situazione preoccupante nel livello dei ghiacci marini artici, che va a confermare una tendenza in atto fin dal 1979

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Fonte: oshua Stevens/NASA Earth Observatory

La NASA non si occupa solo dell’esplorazione dello spazio e del suo studio, ma aiuta anche le altre agenzie terrestri a “tenere sott’occhio” il nostro Pianeta, quello che gli sta succedendo e le conseguenze che i cambiamenti climatici hanno sul nostro ecosistema.

Lo fa sfruttando i satelliti che orbitano intorno alla Terra, e che ci rimandano immagini dettagliate e dati che altrimenti difficilmente avremmo a disposizione. In questo caso, la NASA ci dà l’ennesima conferma che i ghiacci marini artici vivono un grave rischio.

Il comportamento dei ghiacci marini artici

Il Polo Nord viene costantemente controllato dalla NASA: per stimare la dimensione del ghiaccio marino, i satelliti dell’agenzia americana che orbitano intorno alla Terra raccolgono dati attraverso i loro sensori, e poi li “spediscono” sul nostro pianeta. Qui vengono elaborati in immagini quotidiane, in fotografie, che sono usate per stimare le dimensioni dell’oceano dove la superficie ghiacciata copre almeno il 15% dell’acqua.

Quest’anno i satelliti della NASA hanno verificato  che il ghiaccio marino artico ha raggiunto la sua massima estensione annuale per il 2022 il 25 febbraio, dopo essere cresciuto durante l’autunno e l’inverno del 2021.

Come tutto sulla Terra, anche il ghiaccio marino si regola con le stagioni ogni anno. Nell’Artico di solito raggiunge l’estensione massima intorno a marzo (e non a febbraio come quest’anno), perché è cresciuto durante i freddi mesi invernali. Poi arriva l’estate, che lo fa sciogliere, e lo porta alla grandezza minima intorno a settembre. Nell’emisfero meridionale, ovviamente, il ghiaccio marino antartico segue un ciclo opposto.

Un rischio sempre maggiore

Ma c’è un problema: l’estensione invernale raggiunta quest’anno è la decima più bassa tra quelle nell’archivio del National Snow and Ice Data Center, uno dei Distributed Active Archive Centers della NASA.

Quest’anno i ghiacci hanno infatti raggiunto un picco di 14,88 milioni di chilometri quadrati: questo corrisponde a circa 770mila chilometri quadrati al di sotto della media delle estensioni massime raggiunte tra il 1981 e il 2010.

Questo vuol dire che il mare artico ha perso una quantità di ghiacci equivalenti a un’area di solo poco più grande del Texas e del Maine messi insieme.

Ma la diminuzione dei ghiacci è stata sempre una costante: a volte vengono pubblicate grandi notizie, come quella dello scioglimento del Ghiacciaio dell’Apocalisse in Antartide, ma la realtà si muove a piccoli passi tutti i giorni. Infatti, da quando i satelliti hanno iniziato a tracciare in modo affidabile il ghiaccio marino, nel 1979, le estensioni massime nell’Artico sono diminuite a un ritmo di circa il 13% per decennio.

Queste tendenze sono legate al riscaldamento climatico causato dalle attività umane: soprattutto l’emissione di anidride carbonica, che intrappola il calore nell’atmosfera e fa aumentare le temperature. Ma un ruolo determinante lo gioca anche l’inquinamento da nano e micro plastiche, che oggi sono presenti sia al Polo Nord che al Polo Sud. L’analisi della NASA mostra anche che l’Artico si sta riscaldando circa tre volte più velocemente di altre regioni.

A differenza di quelli del Polo Nord, i ghiacci antartici sono influenzati anche dalla condizioni meteorologiche come venti e correnti oceaniche che vengono dalle zone meridionali dagli oceani. Infatti il ghiaccio marino nell’Artico è circondato da terra, mentre quello Antartico solo dall’oceano e può quindi diffondersi più liberamente.

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