SICUREZZA INFORMATICA

Google vuole portare Privacy Sandbox su tutti i telefoni Android

Google risponde alle sempre maggiori pressioni per il rispetto della privacy su Android con la "Sandbox" che, però, ancora nessuno sa come sarà, neanche Google

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Fonte: Shutterstock

Come usare in sicurezza il proprio smartphone e le app preferite senza essere tracciati ogni qualvolta effettuiamo un acquisto, navighiamo su Internet da mobile o andiamo sui social? Come evitare che le app che installiamo “rubino” i nostri dati rastrellandoli in background senza che ne abbiano realmente bisogno per funzionare? Apple ha già dato la sua risposta, scatenando le polemiche, adesso tocca a Google.

Il gigane di Mountain View, infatti, è sotto la pressione dei giornali e dell’opinione pubblica di tutto il mondo perché è suo Android, il sistema operativo installato su miliardi di smartphone in giro per il pianeta. Miliardi di smartphone sui quali girano milioni di app che tutti noi usiamo, mentre loro raccolgono dati. La risposta a questo problema, da parte di Apple e iOS su iPhone, è stata chiamata “App Tracking Transparency” e, di fatto, è un blocco quasi totale al tracciamento. La risposta di Google su Android, invece, si chiama “Privacy Sandbox” e, secondo la stessa Google, è una via di mezzo tra il diritto alla privacy degli utenti e quello a fare business di chi sviluppa le app.

Cos’è la privacy Sandobox per Android

Facciamo una premessa: le app mobili ci accompagnano costantemente e nel 90 per cento dei casi sono gratuite. Su Google Play troviamo contenuti e servizi sotto forma di app che ci seguono nelle nostre attività: dal fitness alla gestione degli appuntamenti. A pagare questi servizi gratuiti è la pubblicità, che grazie alla gran quantità di dati che le app raccolgono può essere “targettizzata“. Cioè cucita addosso ai gusti dell’utente.

E spesso questi tracciamenti superano una soglia di privacy che è interdetta per legge. Google dunque prova a rispondere alla necessità di garantire la privacy con la Sandbox, termine informatico che indica un ambiente separato dal normale flusso dei dati dell’utente. Come esattamente i dati vengano gestiti, e quali e quanti dati possano passare da un’app all’altra, non solo non è ancora noto, ma non è stato ancora neanche deciso.

Google, infatti, al momento sta discutendo con gli sviluppatori delle app su come implementare in maniera efficace la Privacy Sandbox su Android. Nel frattempo, però, la stessa iniziativa è in corso anche su Chrome, per la navigazione Web (altra grande fonte di dati “rastrellati“).

Quando arriva la privacy sandbox

Anche per quanto riguarda la timeline di rilascio della sandbox ci sono tempistiche molto poco precise. Ufficialmente Google scrive: “A partire da oggi, gli sviluppatori possono rivedere le nostre proposte di progettazione iniziali e condividere feedback sul sito per sviluppatori Android. Abbiamo in programma di rilasciare le anteprime degli sviluppatori nel corso dell’anno, con una versione beta entro la fine dell’anno“.

Non prima di fine 2022, quindi, sapremo più o meno a cosa sta pensando Google per proteggere la nostra privacy. Quel che è certo, però, è che sarà una soluzione molto più soft di quella adottata da Apple, che Google cita solo indirettamente: “Ci rendiamo conto che altre piattaforme hanno adottato un approccio diverso alla privacy degli annunci, limitando senza mezzi termini le tecnologie esistenti utilizzate da sviluppatori e inserzionisti. Mentre progettiamo, costruiamo e testiamo queste nuove soluzioni, prevediamo di supportare le funzionalità della piattaforma pubblicitaria esistente per almeno due anni e intendiamo fornire un preavviso sostanziale prima di eventuali modifiche future“.

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