SCIENZA

Finalmente sappiamo che animale era il kunga, il primo addomesticato dall'uomo

Il primo animale addomesticato dall'uomo frutto di bio-ingegneria: in Mesopotamia, il kunga veniva selezionato ed allevato già 4.500 anni fa

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Fonte: Glenn Schwartz/John Hopkins University

Molto prima dei cavalli, almeno 500 anni prima di ogni altro animale, veniva allevato in Mesopotamia un particolare ibrido, un incrocio a metà tra l’asino selvatico siriano, noto anche come emippo, e l’asino domestico che conosciamo oggi.

Il kunga, questo il nome del leggendario animale, è noto sin dai tempi più antichi: 4.500 anni fa era il kunga a trasportare i carri da guerra, e non mancano iscrizioni dell’epoca in cui si sottolinea l’altissimo prezzo a cui venivano venduti i preziosi animali.

Il kunga, un asino “ibrido”

Da anni i biologi di tutto il mondo si chiedono che animale fosse il leggendario kunga che popola le storie e le testimonianze più antiche dei popoli della Mesopotamia. La più celebre di queste testimonianze è lo Stendardo di Ur, oggi conservato presso il British Museum: qui, in un mosaico sumero risalente a oltre 4.000 anni fa, rappresentati davanti ai carri da guerra compaiono degli animali da sempre individuati come equidi, ma mai definiti con più precisione. Ecco, quelli sono i kunga, ed oggi sappiamo finalmente che tipo di animali erano.

Il primo scavo che rivelò degli scheletri di kunga risale a 10 anni fa, quando presso la necropoli di Tell Umm el-Marra, nella Siria del Nord, vennero rinvenuti gli scheletri di 44 animali da subito individuati come kunga, per via degli evidenti segni di domesticazione individuati sui denti. L’archeologa Jill Weber, dell’Università della Pennsylvania, che allora si occupò dello studio, è tra i firmatari della nuova ricerca.

Le ossa che hanno permesso al team di ricerca di portare avanti l’importante studio provengono da due diversi contesti: lo scavo di Göbekli Tepe ed il museo di storia naturale di Vienna, che conservano i resti di due importanti esemplari di asino selvatico, oggi estinto.

Il genoma delle ossa di un asino selvatico di 11.000 anni fa rinvenute nel sito di Göbekli Tepe è stato confrontato con quanto conservato presso il museo di storia naturale di Vienna: i resti dell’ultimo asino selvatico siriano di cui si abbia notizia, morto nel 1927 nel Tiergarten Schönbrunn, nella capitale austriaca.

La prima opera di bio-ingegneria della storia

Il confronto tra i due animali ha permesso agli studiosi di definire finalmente che animale fosse il kunga delle cronache sumere. L’analisi dei due asini selvatici ha mostrato che si tratta della stessa specie, ma l’asino selvatico antico – il kunga – era molto più grosso di quello che viveva allo zoo di Vienna.

Quando Jill Weber scoprì i resti dei 44 kunga di Tell Umm el-Marra, i ricercatori capirono subito che si trattava di equidi – ma le dimensioni non tornavano. “Dagli scheletri sapevamo che erano simili a cavalli” afferma Eva-Maria Geigl, tra gli autori del nuovo studio, “ma non si adattavano alle misure degli asini e neanche a quelle degli asini selvatici siriani”. Era chiaro che fossero animali diversi, ma “non era chiara quale fosse la differenza”.

Secondo lo studio appena pubblicato su Science Advance, la storia della loro domesticazione è molto più affascinante di quanto potremmo credere. Si tratterebbe infatti di un ibrido frutto di un’opera che gli scienziati non esitano a chiamare di “bio-ingegneria” – presumibilmente la prima espressione storica di un ingegno del genere.

Il nuovo studio rivela che i kunga non soltanto erano più grandi e più forti degli asini selvatici, ma si trattava di ibridi sterili ottenuti dall’accoppiamento di una femmina di asino domestico e di un maschio di asino selvatico siriano, o emippo.

I kunga erano dunque sterili, alla stregua di altri ibridi come i muli: l’unico modo per allevarli era quello di farli accoppiare coattamente, cosa che secondo Geigl poteva avvenire soltanto catturando un asino selvatico. Questo “andava fatto ogni volta, per ogni kunga da far nascere”, afferma Geigl, “il che spiega anche perché fossero così costosi”.

“Davvero si tratta di bio-ingegneria” conclude Geigl “si tratta dei più antichi ibridi di sempre, per quanto ne sappiamo”.

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