SCIENZA

Marte svela un segreto cosmico: una nuova teoria sulla nascita dei pianeti

Il solfuro fuso alla base della formazione dei nuclei planetari: ecco i dettagli di una scoperta che ha del clamoroso, in attesa di ulteriori campioni frutto di nuove missioni

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Secondo un nuovo studio, il nucleo di pianeti come Marte potrebbe essersi composto grazie al solfuro fuso. Di fatto non sarebbe stata necessaria una fusione totale. Un’ipotesi che potrebbe rivoluzionare la geochimica planetaria.

Solfuro fuso per i nuclei planetari

Gli scienziati hanno ritenuto, ormai per decenni, che la formazione del nucleo di un pianeta richiedesse necessariamente la fusione completa del corpo planetario. Di fatto la teoria prevedeva che i metalli più pesanti sprofondassero al centro.

Un nuovo studio, condotto ai ricercatori della Nasa Ares Division (Astromaterials Research and Exploration Science), mette in seria discussione questa ipotesi. Il team ha infatti scoperto che, se si parla di ambienti ricchi di zolfo e ossigeno (tipici dei pianeti che si sono formati lontano al Sole), il solfuro fuso può percolare attraverso la roccia solida. Ciò consentirebbe la formazione di un nucleo, prima ancora che il mantello silicato abbia la possibilità di iniziare a fondersi.

L’esperimento condotto ha dimostrato che il solfuro può comportarsi come il sale stradale sul ghiaccio. Di fatto, procedendo con l’abbassamento del punto di fusione del ferro, lo si trasforma in solfuro di ferro liquido, in grado di migrare verso il centro.

Ecco le parole del Dr. Sam Crossley, autore principale dello studio: “Abbiamo potuto vedere, con visualizzazioni 3D ad alta risoluzione, come il solfuro si muoveva all’interno del campione sperimentale, scorrendo attraverso microscopiche fratture tra i minerali”.

Le prove

Al fine di procedere a confermare l’ipotesi, il team ha condotto esperimenti a elevate temperature in laboratorio. I campioni sono stati analizzati grazie alla temografia computerizzata a raggi X (XCT). Sono state così generate immagini tridimensionali colme di dettagli, che mostravano il percorso del solfuro liquido.

È stato però necessario andare oltre, ricercando tracce chimiche nei meteoriti. Sono stati sfruttati solfuri sintetici fusi parzialmente, arricchiti poi con metalli del gruppo del platino. In questo modo il team è stato in grado di riprodurre gli stessi pattern chimici osservati nei meteoriti ricchi di ossigeno.

È stata poi misurata con precisione la distribuzione di tali metalli rari, grazie a una nuova tecnica di ablazione laser sviluppata dal Dr. Jake Setera. Ciò ha fornito un secondo filo conduttore indipendente. Si conferma dunque la migrazione del solfuro nelle prime fasi di formazione planetaria. Ecco le parole di Setera: “È stato incredibile vedere convergere i dati sperimentali e quelli geochimici”.

L’importanza di Marte

Che ruolo ha Marte in tutto questo incredibile esperimento? La scoperta ha una rilevanza enorme nel processo di comprensione dell’evoluzione planetaria, soprattutto se si pensa a Marte. Il Pianeta Rosso presenta segni di una formazione del nucleo sorprendentemente precoce.

Tale teoria potrebbe spiegare il paradosso. Il nucleo di Marte potrebbe essersi formato senza l’avvenimento di una fusione completa. Il tutto grazie all’abbondanza di zolfo.

Si mette così in discussione anche il sistema di metodi di datazione basati sugli isotopi ragiogenici, come hafnio e tungsteno. Gli autori ritengono che tale studio possa ampliare il ventaglio di scenari plausibili per la formazione planetaria. Di fatto, si spera, ci guiderà verso un’interpretazione dei dati più completa, con riferimento a quanto giungerà dalle prossime missioni su Luna, Marte e altri corpi rocciosi.

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