"Siamo figli delle stelle": Alan Sorrenti potrebbe non avere torto
I peptidi, che formano le proteine base della vita, potrebbero essere arrivati sulla Terra da nubi molecolari e polvere stellare che viaggiano nell'Universo
Figli della notte che/ci gira intooorno: basta il titolo o la melodia appena accennata che stiamo canticchiando per farci rimanere in testa per tutta la giornata questa canzone. “Siamo figli delle stelle” non è solo un grande successo di Alan Sorrenti del 1977, è anche un indizio della possibile origine della vita sulla Terra.
Discendiamo dalle stelle
Per capire perché la vita sulla Terra è fiorita grazie alle stelle dobbiamo risalire a miliardi di anni fa, ai primissimi giorni del nostro pianeta, quando in qualche luogo sconosciuto su questo sasso vuoto e primordiale si formarono molecole organiche complesse da cui emersero le prime cellule. Ma da dove sono arrivati gli ingredienti grezzi necessari? Per esempio le proteine, le basi della chimica cellulare, che in natura oggi sono prodotte esclusivamente da cellule viventi. Come si è formata quindi la prima proteina?
La maggior parte delle teorie cerca una risposta sulla Terra, ma un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Astronomy guarda più in alto: i peptidi, le subunità che formano le proteine, possono nascere spontaneamente sulla polvere cosmica solida e congelata che va alla deriva nell’Universo. Questi peptidi potrebbero in teoria aver fatto l’autostop su comete e meteoriti fino a raggiungere una Terra che allora era giovane e vuota, per diventare alcuni dei materiali di partenza per formare la vita.
La domanda ora è se questi peptidi potrebbero essere sopravvissuti a questo difficile viaggio. Secondo Paul Falkowski, professore alla Scuola di Scienze Ambientali e Biologiche della Rutgers University, questa nuova teoria non risponde a tutte le domande. Ma rimane comunque molto valida, e porta soluzioni molto più semplici rispetto al complesso processo chimico che oggi spiega la nascita della vita sulla Terra.
La teoria degli scienziati
Secondo Serge Krasnokutski, ricercatore del Max Planck Institute for Astronomy e dell’Università Friedrich Schiller in Germania e autore dello studio, i peptidi potrebbe esistere nello spazio, all’interno delle nuvole estremamente dense e fredde di polvere e gas che vagano tra le stelle. Queste nubi molecolari, culle di nuove stelle e pianeti, sono piene di polvere cosmica e prodotti chimici, tra cui monossido di carbonio, carbonio atomico e ammoniaca – particelle che sono state individuate anche dal radiotelescopio Alma.
Le reazioni nelle nubi di gas porterebbero probabilmente alla formazione di piccole molecole chiamate aminocheni, che a loro volta, collegandosi tra di loro in modo spontaneo, formerebbero un peptide molto semplice denominato poliglicina.
Per testare la loro teoria, Krasnokutski e il suo team hanno simulato le condizioni delle nubi molecolari. Hanno ricreato la superficie ghiacciata delle particelle di polvere cosmica che viaggia nel vuoto dell’universo, depositando monossido di carbonio e ammoniaca su piastre raffreddate a -263°. Hanno poi messo atomi di carbonio su questo strato di ghiaccio per simulare la loro trasformazione in nuvole molecolari. Le analisi chimiche hanno confermato che erano state effettivamente prodotte varie forme di poliglicine, in catene lunghe 10 o 11 subunità.
I ricercatori hanno quindi ipotizzato che miliardi di anni fa, quando la polvere cosmica si è unita e ha formato asteroidi e comete, i peptidi semplici sulla polvere potrebbero aver sfruttato meteoriti e asteroidi per viaggiare verso la Terra – come potrebbe aver fatto anche l’acqua, tra l’altro.
E potrebbero aver seguito lo stesso percorso su innumerevoli altri mondi.