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Brutte notizie per i musicisti emergenti

Spotify sta per cambiare le regole di monetizzazione sui contenuti, a farne le spese saranno gli emergenti e gli account che tentano di truffare la piattaforma

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Fonte: Shutterstock

Brutte notizie per i musicisti emergenti: Spotify non ha più intenzione di pagare i piccoli artisti con pochi stream. La celebre piattaforma per lo streaming avrebbe intenzione di rivedere il suo trattamento nei confronti degli emergenti, cambiando il modello di distribuzione dei ricavi pubblicitari, probabilmente già dal prossimo anno.

Spotify, cosa cambia per gli emergenti

Per tutti i musicisti appartenenti alla categoria dei Big, i cambiamenti sulla piattaforma dovrebbero essere irrilevanti perché Spotify dovrebbe comunque mantenere in vigore l’attuale sistema di royalty, noto come streamshare, che garantisce agli artisti circa 0,007 dollari per la riproduzione di ogni canzone che dura più di 30 secondi.

Per tutti gli altri, al contrario, la batosta potrebbe essere dietro l’angolo e la piattaforma dovrebbe interrompere il pagamento di questa somma se i brani caricati hanno un basso numero di riproduzioni. Al momento, comunque, non è chiaro a quanto ammonti il numero di riproduzioni per essere considerati o meno tra i Big.

Altro dettaglio ancora incerto riguarda proprio il denaro non verato ai “piccoli” che, secondo le indiscrezioni potrebbe essere trasferito nelle casse degli artisti più importanti.

Ad onor del vero, questa misura riguarderà, sì, gli emergenti, ma si parla di numeri davvero molto bassi che, al massimo, avrebbero portato a un guadagno di pochi centesimi. Per cui la perdita annuale (per ogni singolo artista) dovrebbe corrispondere a pochi dollari, cosa che potrebbe far abbassare quanto prima il polverone sollevato intorno alla questione.

L’altro provvedimento scatterà contro le frodi e se un artista, un’etichetta discografica o un utente venisse sorpreso a utilizzare dei bot per gonfiare il numero delle riproduzioni, potrebbe ricevere multe piuttosto salate con la possibilità di rimuovere le royalties e rivedere a ribasso il compenso per gli ascolti futuri.

Infine l’ultima fase dei cambiamenti in atto sulla piattaforma riguarda le tracce di rumore bianco che, come ben noto, sono semplici suoni da riprodurre come sottofondo musicale per rilassarsi o per tranquillizzare i bambini.

Non è vera musica e, generalmente, sono registrazioni ambientali come il rumore del phon, quello del mare o dei veicoli in movimento.

Il problema sta nel fatto che questi “brani” spesso vengono caricati sulla piattaforma al solo scopo di generare delle entrate, con l’aggiunta di diverse registrazioni in sequenza, della durata di soli 31 secondi. Tenendo presente che il pagamento della riproduzione scatta solo dopo l’ascolto di almeno 30 secondi di un brano, è chiaro che chi carica questi contenuti stia solo cercando di monetizzare a spese di Spotify che, di conseguenza dovrebbe aumentare il tempo minimo di riproduzione.

Spotify i numeri della piattaforma

Questo è sicuramente un periodo più che positivo per Spotify e non sorprende, dunque, che il servizio voglia cavalcare quest’onda mettendo le cose in chiaro con i suoi utenti.

Ad esempio, nonostante gli aumenti di prezzo per l’abbonamento, nei mesi passati gli utenti che pagano per il servizio sono aumentati del 17% rispetto allo scorso anno, con un aumento degli account attivi pari al 26%, sempre su base annua.

Sempre secondo le statistiche fornite dalla piattaforma i ricavi totali sono aumentati dell’11% rispetto al 2022 arrivando a superare i 3 miliardi di dollari.

A fronte di numeri come questi, è chiaro che la piattaforma voglia fare il punto sulla situazione, punendo i “furbetti” e, forse ingiustificatamente, anche gli artisti emergenti.

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