Il riscaldamento globale accelera la diffusione della Vespa Orientalis e minaccia l’Italia
La diffusione della Vespa Orientalis dipende dalla crisi climatica: ecco tutti i pericoli che corriamo con la sua presenza in tutt'Italia (o quasi)
Il riscaldamento globale causa numerosi stravolgimenti nel mondo degli insetti, come dimostra il caso della Vespa Orientalis. È una specie autoctona del Mediterraneo che, grazie all’aumento delle temperature, si sta adattando sempre più all’interno delle città. Ecco le conseguenze per l’uomo e le api.
Vespa Orientalis in Italia
Svariate le segnalazioni di Vespe Orientalis in Italia, ormai da cinque anni. Da Genova a Trieste, da Lucca a Grosseto, fino in Sardegna e non solo. I primi avvistamenti nel 2020 e poi nel 2022 anche tra le vie di Roma.
Il nome può sembrare esotico, ma la specie è legata al Mediterraneo, quindi decisamente autoctona. Anno dopo anno, però, continua a risalire la Penisola, considerando l’innalzamento delle temperature. La sua presenza va espandendosi, il che è un grave pericolo per le api e il sistema del miele. In alcuni casi, inoltre, rappresentano un rischio anche per l’uomo, per quanto in maniera decisamente limitata.
L’aspetto è facilmente riconoscibile, trattandosi di vespe dal colore rossiccio, con un corpo lungo tra i 3 e i 5 cm. L’aumento delle creature in Italia sta generando terreno fertile per la riproduzione e l’espansione della specie. Aumenta tanto il numero quanto l’aggressività di questa vespa, in crescente competizione con altri alveari. Nel mirino sono finite soprattutto le api mellifere.
Stando alle stime pubblicate, si parla di circa 35-40mila alveari distrutti tra Lazio, Campania e Molise. Si tratta di un vero e proprio allarme Vespa Orientalis (in alcuni casi nota come Calabrone Orientale).
Conosciamo la Vespa Orientalis
La Vespa Orientalis produce un veleno che, a seconda della sensibilità delle persone, può provocare delle reazioni anafilattiche anche molto gravi. La puntura può dunque essere pericolosa per l’uomo, in alcuni casi.
Il vero problema è però rappresentato dal comparto del miele. Ventimila apicoltori italiani sono posti in pericolo, il che va ad aggiungersi alle già tante difficoltà provocate dal surriscaldamento globale, ial calo delle api e alla perdita di biodiversità.
Sappiamo che la Vespa Orientalis è una specie termofila, il che vuol dire che vive e si riproduce con temperature elevate. È generalmente presente da sempre nelle Regioni del Sud ma, con il clima in trasformazione, sta risalendo verso Nord rapidamente.
Un caso eclatante è quello di Roma, con il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che annunciò la fine del progetto “Api in città”. Il motivo? Gli esemplari presenti sul tetto del ministero erano stati uccisi proprio dalle Vespe Orientalis.
Ecco le parole di Riccardo Terriaca, segretario generale di Miele in Cooperativa, realtà nazionale che raggruppa varie associazioni di apicoltori delle Regioni più colpite dalla vespa: Questa è una nuova calamità, di fronte alla quale siamo disarmati, non essendo oggi disponibili strumenti e tecniche di contrasto alle aggressioni. (…) È indispensabile che il mondo della ricerca impegni risorse umane e finanziarie per studiare il problema con un approccio pragmatico, per darci delle risposte. Sono a rischio decine di migliaia di alveari e la sostenibilità di centinaia di aziende apistiche”.