Barracuda avvistati in Italia, si moltiplicano e in estate sono sempre più vicini alla costa
Barracuda sempre più vicini alle coste italiane in estate: dove e perché il riscaldamento del Mediterraneo ne favorisce la proliferazione.
C’è un ospite sempre più frequente nelle acque italiane. Si tratta del barracuda, predatore un tempo raro, ma oggi molto comune. In estate la sua presenza si moltiplica, come dimostrano gli avvistamenti lungo le coste. Un fenomeno che solleva alcuni interrogativi: perché i barracuda si avvicinano così tanto? E quali sono le aree più interessate? Le osservazioni nell’isola toscana di Capraia, con avvistamenti “in ogni immersione”, come riportato dal Corriere Fiorentino, evidenziano l’entità del cambiamento.
Uno sguardo al barracuda mediterraneo
Parliamo della Sphyraena viridensis, il barracuda boccagialla o mediterraneo, una specie endemica del nostro mare in continua espansione. Il barracuda si distingue dal luccio di mare (Sphyraena sphyraena) per via delle bande scure verticali presenti sui fianchi.
Questo carnivoro, che può superare il metro di lunghezza, si nutre di pesci, cefalopodi e crostacei. Sebbene pelagico, si avvicina a isole, promontori e coste rocciose fino a 100 metri. I giovani formano banchi numerosi in ambienti costieri tranquilli e ricchi di cibo (“nursery”), mentre gli esemplari adulti sono più solitari.
Le osservazioni a Capraia e il mare che cambia
L’osservazione che i barracuda siano ora “in ogni immersione” a Capraia, e “perfino dentro il porto in inverno”, rivela un cambiamento. Il riscaldamento delle acque amplia la loro zona di comfort, permettendo di sfruttare habitat costieri e aree di riproduzione più a lungo.
L’acqua superficiale è più calda (nell’isola toscana si è registrato un aumento 1,5°C) e a giugno ha superato i 24°C. Il Corriere Fiorentino ha interpellato Francesco Di Meglio e Andrea Cesarato, istruttori e guide subacquee del Capraia Diving: “In superficie ora l’acqua è mediamente più calda, l’aumento medio stimato qui a Capraia è di un grado e mezzo e bisogna scendere molto in profondità per non percepirlo così marcatamente. La differenza la vediamo in primavera dove, a causa degli inverni più miti, la temperatura superficiale del mare raggiunge livelli che fino a pochi anni fa erano eventi eccezionali. Già a marzo adesso possiamo avere 15 gradi in superficie“, spiega Cesarato. “Prima i barracuda, che amano acque calde, erano concentrati solo in due zone, mentre oggi si incontrano in ogni immersione”, aggiunge Di Meglio.
Un ritmo decisamente maggiore rispetto a ogni altro bacino e oceano. Questo rende il Mediterraneo più accogliente per specie termofile, favorendone diffusione e riproduzione. È parte della cosiddetta “tropicalizzazione”, dove specie autoctone faticano a resistere e proliferare mentre quelle termofile prosperano.
Il barracuda boccagialla ha una grande capacità di adattamento, frequentando zone rocciose, reef, aree sabbiose, estuari e porti. Questa versatilità gli permette di colonizzare nuovi ambienti resi idonei dal clima. Gli esemplari più giovani prosperano in acque costiere calme e ricche di alimenti.
Le Aree Marine Protette (AMP) come Capraia, appunto, favoriscono questo trend. Ma l’aumento di questi esemplari e dei relativi avvistamenti ha coinciso con la diminuzione di altre specie, come il dentice, suggerendo che in questi ecosistemi protetti ma in evoluzione, i barracuda trovano prede abbondanti e meno competizione.
Dove prolifera in Italia
La presenza del barracuda si estende lungo le coste italiane, con chiara espansione verso quelle settentrionali:
- Toscana (Capraia, Isola d’Elba);
- Sardegna (AMP di Capo Carbonara);
- Sicilia (Messina);
- Campania (Golfo di Napoli);
- Puglia;
- Adriatico (Trieste e Veneto).
Nonostante l’aspetto, i barracuda non sono pericolosi per l’uomo. Gli attacchi documentati sono molto rari, in genere dovuti al fatto che questi pesci confondono gli oggetti luccicanti con le prede. La loro presenza è un indicatore cruciale dei cambiamenti indotti dall’uomo nel Mediterraneo e sottolinea, ancora una volta, la responsabilità collettiva per il cambiamento climatico e la protezione del mare.