SCIENZA

Trovato il buco nero più vicino alla Terra: sta risucchiando tutto

Un buco nero, finora "invisibile", è stato ufficialmente identificato e si trova molto vicino alla Terra. La sua scoperta rimette in discussione le teorie sull'evoluzione dell'Universo

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E se ci fosse qualcosa di misterioso, in grado di inglobare qualsiasi cosa con un minimo sforzo, proprio nel nostro cielo? A quanto pare, potremmo scoprire le (molteplici) risposte a questa domanda in tempi relativamente brevi: alcuni astronomi hanno infatti individuato il buco nero più vicino alla Terra e stanno cercando di comprendere meglio le sue caratteristiche e la sua pericolosità.

Le osservazioni sui buchi neri, per chi non lo sapesse, sono una vera opportunità per testare le leggi della fisica nelle condizioni più estreme. Offrono, infatti, informazioni sulle forze che hanno plasmato l’Universo. E adesso, la presenza di questo corpo celeste così a “portata di mano” permette a numerosi scienziati di fare ipotesi e di cominciare a rispondere anche alle domande più preoccupanti.

Lo studio per trovare i buchi neri

Com’è stato rintracciato questo buco nero così vicino alla Terra? È presto detto: un team di ricerca internazionale si è impegnato proprio nello studio di questi specifici buchi neri, detti dormienti. I buchi neri dormienti non sono nient’altro che buchi neri di massa stellare difficili da individuare perché particolarmente piccoli e “lenti” nel modo di attrarre ciò che orbita attorno a loro.

Per riuscire a individuarne almeno uno, i ricercatori hanno sfruttato tutti i dati raccolti dell’Osservatorio Gaia dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) sulle anomalie presenti nella Via Lattea. La missione Gaia, per intenderci, ha impiegato quasi un decennio a misurare le posizioni, le distanze e i movimenti propri di quasi 1 miliardo di oggetti astronomici, come stelle, pianeti, comete, asteroidi e galassie.

Il team, capitanato da Kareem El-Badry, un astrofisico della Harvard Society Fellow e composto da scienziati ed esperti della Caltech, del Center for Computational Astrophysics, del Weizmann Institute of Science e dell’Observatoire de Paris, si è quindi “immerso” nei dati e ha sperimentato metodi finora mai utilizzati. Ha poi combinato l’uso di strumenti all’avanguardia (tra cui lo spettrometro Echelle ad alta risoluzione e il Large Sky Area Multi-Object Fiber Spectroscopic Telescope dell’ESA) e esaminato tutte le 168.065 stelle nella Gaia Data Release 3 (GDR3) che rispondevano a una specifica caratteristica: avere un’orbita a due corpi.

Il buco nero più vicino alla Terra

Sì, perché le orbite a due corpi rientrano tra le caratteristiche che indicano la presenza di buchi neri vicini. Così, il team ha tracciato il movimento di tutte le stelle in analisi e ha trovato un corpo celeste molto speciale, una stella gialla (come il nostro Sole) chiamata Gaia DR3 4373465352415301632. Questa stella, a causa del suo moto particolare, è stata osservata a lungo e analizzata in ogni modo possibile. La conclusione? Fa parte di un sistema binario insieme a un buco nero.

«I dati di Gaia  – ha detto El-Badry  – ci fanno vedere chiaramente un’ellisse, che tratteggia l’orbita attorno al buco nero. La dimensione dell’orbita e la sua durata, inoltre, ci danno indizi importanti sulla massa del buco nero e sulla sua capacità di “risucchiare” ciò che c’è accanto. Abbiamo osservato la stella spettroscopicamente e abbiamo dimostrato il suo compagno è davvero “oscuro”».

Ciò significa, dunque, che il corpo celeste accanto a Gaia DR3 4373465352415301632 è ufficialmente il buco nero più vicino alla Terra, ma non solo: secondo il team di scienziati questo implicherebbe l’esistenza di una considerevole popolazione di buchi neri dormienti nella nostra galassia.

Un universo di buchi neri

La ricerca di El-Badry, nello specifico, ipotizza che la Via Lattea contenga circa 100 milioni di buchi neri, anche se finora ne sono stati osservati una ventina. Il comportamento di quelli osservati è sempre lo stesso: “mangiano” una stella vicina e brillano mentre l’energia potenziale gravitazionale della stella divorata viene trasformata in luce, ma secondo il team di ricercatori quelli dormienti non sono evidenti e la loro presenza per l’evoluzione stellare e, in genere, dell’Universo, è significativa.

I buchi neri dormienti infatti hanno una capacità di innesco inferiore e non sono così appariscenti: sfuggono a molte osservazioni perché non sono contraddistinti da dischi luminosi, esplosioni di radiazioni o getti di ipervelocità che emanano dai loro poli. Cosa può significare nello specifico? Tutto e niente, perché potrebbero tanto essere innocui quanto potenzialmente distruttivi. Solo le prossime osservazioni, infatti, potranno dirci di più.

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