Le fusioni tra buchi neri mostrano uno strano legame matematico
Un nuovo studio sui buchi neri evidenzia e spiega delle onde gravitazionali: ecco come si applicano teorie matematiche complesse a tutto questo

Era il 2015 quando i ricercatori del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) hanno rilevato per la prima volta onde gravitazionali generate dalla fusione di due buchi neri. Delle vere e proprie increspature nello spazio-tempo. Le osservazioni di questi segnali nello spazio sono così divenute sempre più comuni.
Sapevamo dove guardare, per dirla in parole semplicissime. Ciò ci ha permesso di rivelare dettagli cruciali sull’origine di tali fenomeni. Un nuovo studio, però, mostra ora come concetti astratti della teoria delle stringhe possano avere una diretta applicazione nella comprensione di queste onde gravitazionali.
Onde gravitazionali
Il lavoro di ricerca è stato pubblicato sulla celebre rivista Nature. Un testo molto importante, ma prima di poterne parlare è bene partire dalle “basi”. Quando discutiamo di onde gravitazionali, ci riferiamo a delle perturbazioni dello spazio-tempo, come detto. Vengono generate da eventi catastrofici. La fusione di buchi neri è soltanto un esempio. Lo stesso accade infatti con la fusione di stelle di neutroni.
I primi rilevamenti hanno condotto a una rivoluzione nel campo dell’astrofisica. Di fatto è stata aperta una nuova finestra nell’universo. Non tutte le onde gravitazionali, però, derivano da collisioni dirette. Alcune possono emergere da incontri ravvicinati avvenuti tra oggetti cosmici. Pensiamo ad esempio all’immagine, decisamente fantascientifica per la maggior parte di noi, di due buchi neri che si sfiorano, senza per questo raggiungere la fase di fusione.
Un team di ricercatori ha applicato dei concetti matematici complessi, ispirati dalla teoria delle stringhe. L’obiettivo? Riuscire a descrivere al meglio questi eventi. Sfruttando le “strutture Calabi-Yau” (geometriche a sei dimensioni), il team è stato in grado di modellare il comportamento dei buchi neri che si avvicinano senza collidere. In questo caso si parla di “scattering” per descrivere il fenomeno. Questa è la prima volta che tali strutture matematiche trovano una connessione diretta con fenomeni astrofisici reali.
Dai buchi neri alle stringhe
Da tempo ormai si guarda alle “strutture Calabi-Yau” come a dei pilastri della teoria delle stringhe (che tenta di unificare la fisica quantistica con la relatività generale”. In tale contesto, possiamo dire che descrivono spazi geometrici complessi, in cui le stringhe, ovvero gli elementi fondamentali della materia, vibrano.
Lo studio di recente pubblicato vede però i ricercatori dimostrare che tali strutture possono anche descrivere il comportamento dei buchi neri che si sfiorano. Sfruttando funzioni matematiche avanzate, il team è stato in grado di calcolare l’energia rilasciata nel corso di tali eventi. Al tempo stesso anche le traiettorie dei buchi neri.
Queste operazioni hanno confermato come le previsioni teoriche corrispondano ai dati osservativi. Un risultato che rafforza la validità della teoria delle stringhe. Al tempo stesso, però, è in grado di aprire nuove strade per lo studio delle onde gravitazionali.
Questa ricerca potrebbe avere delle implicazioni di enorme importanza per le future osservazioni delle onde gravitazionali. I prossimi rilevatori, come il telescopio Einstein in Europa e il Cosmic Explorer negli Stati Uniti, potrebbero riuscire a ottenere segnali da eventi di scattering tra buchi neri e stelle di neutroni. In poche parole, gli scienziati potrebbero restare ulteriormente queste teorie ed esplorare nuove frontiere della fisica. Di fatto, possiamo dire che la matematica delle stringhe ha detto addio al regno dell’astrazione teorica. Trova finalmente applicazione nel mondo reale. Fisica teorica e astrofisica osservativa non sono mai state tanto vicine.