Fuga di elio dalla Terra: nuova teoria sulla formazione del pianeta
Le fughe di gas dal cuore della Terra potrebbero rivelare che il nostro pianeta si è formato molto più velocemente del previsto
L’elio-3 è un gas rarissimo sulla Terra: se si calcola quanto ne viene rilasciato ogni anno dalle profondità del nostro pianeta, si ottiene a malapena la quantità necessaria per riempire 50 palloncini. È l’immagine usata da Zachary Sharp, autore insieme a Peter Olson di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Geochemistry, Geophysics, Geosystems.
Secondo gli scienziati dell’Università del New Mexico, l’elio-3 potrebbe aver raggiunto il nucleo della Terra durante il processo di formazione del Sistema Solare: il nuovo modello proposto da Sharp e Olson lascerebbe pensare che la Terra si sia formata molto più velocemente del previsto.
La nebulosa solare
Il processo di formazione della Terra, spiega Zachary Sharp, è ancora una “questione aperta”. Il modello maggiormente accettato è quello della nebulosa solare, per cui la nascita dei pianeti è avvenuta in una delle prime fasi di vita del Sole, quando si è formato attorno alla stella nascente il disco protoplanetario.
Il disco di accrescimento della giovane stella si raffredda, permettendo la formazione di piccoli grani di polvere, che nel corso di centinaia di migliaia di anni di fusioni e collisioni, danno vita ai protopianeti. L’ipotesi di Sharp e Olson è che i pianeti “si siano formati più velocemente del previsto, e in presenza della nebulosa solare”.
Secondo la teoria maggiormente accettata, la nube di gas e polvere che circondava il Sole nelle prime fasi di vita si è dispersa dopo uno o due milioni di anni. Per decenni, spiega Sharp, la risposta degli astronomi è stata che i piccoli grani di polvere nella nebulosa si sono uniti in particelle sempre più grandi, fino a raggiungere chilometri di estensione “e poi andare a sbattere uno con l’altro come in un autoscontro”.
Poi, dopo il dissolvimento della nebulosa solare, i pianeti hanno continuato a formare la loro massa per milioni di anni. Il nuovo modello di Sharp e Olson mette in discussione questo processo, e lo fa a partire dalla misurazione di un isotopo tra i più rari sulla Terra, l’elio-3.
L’elio-3 dal cuore della Terra
Secondo Sharp la Terra e gli altri pianeti del Sistema Solare si sono formati molto più velocemente, in appena due milioni di anni, ovvero quando la nebulosa solare era ancora là. In questo nuovo scenario, la gravità della Terra sarebbe stata attirata nella densa atmosfera incandescente della nebulosa: il nostro pianeta quindi sarebbe stato un mondo infuocato con “un oceano di magma” in superficie.
In questa fase, la Terra era in uno stato simile a una lattina di soda: “i gas nell’atmosfera si sono dissolti nel magma dell’oceano” come l’anidride carbonica in una bevanda gassata. Poi, come avviene per una bevanda lasciata all’aperto, la pressione diminuisce e il gas viene via via liberato nell’atmosfera.
Secondo Sharp e Olson, con l’elio-3 è successa più o meno la stessa cosa: le quantità di gas e la pressione erano tali, però, che l’isotopo potrebbe essere arrivato a insinuarsi nel nucleo della Terra, per rimanerci intrappolato. È per questo che in alcuni posti, come alle Hawaii, in Islanda e nel parco di Yellowstone esistono dei geyser che portano in superficie, dalle profondità del pianeta, pennacchi di elio-3.
L’elio-3 è così leggero da essere subito disperso, una volta raggiunta la superficie terrestre: e se scappa via così velocemente dall’atmosfera terrestre, sottolinea Sharp, “una formazione graduale della Terra renderebbe difficile spiegare come mai è rimasto dell’elio-3 nel nucleo”.