SCIENZA

È stato rilevato un altro gas serra inquinante, i livelli di ossido di azoto preoccupano

Un gas inquinante fuoriesce dal terreno durante particolari pratiche agricole: la scoperta e le possibili soluzioni proposte dagli esperti per contrastare le emissioni

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Un recente studio pubblicato sulla rivista Science ha sollevato preoccupazioni riguardo agli sforzi per ridurre le emissioni di metano nel settore agricolo.

Alcune “buone pratiche”, paradossalmente potrebbero aumentare la diffusione di un nuovo gas inquinante, cioè il protossido di azoto: si tratta di un gas serra che a lungo termine può essere ancora più dannoso del metano.

Un gas inquinante nelle coltivazioni di riso

Lisa Stein, professoressa all’Università di Alberta e coautrice della ricerca in questione, è stata chiara: sebbene la riduzione delle emissioni di metano rappresenti un target prioritario allo scopo di contenere il riscaldamento globale, molti approcci in tal senso non tengono conto dell’impatto delle emissioni di azoto.

Infatti, alcune tecnologie progettate per ridurre il metano, senza volerlo potrebbero incrementare la produzione di protossido di azoto: si tratta, però, di compromesso che gli scienziati preferirebbero evitare.

Uno dei metodi sotto esame riguarda l’irrigazione delle risaie. Limitare le emissioni di metano nella coltivazione del riso è, da tempo, un obiettivo per agricoltori e scienziati, considerato l’impatto annuo del settore, paragonabile a quello di 600 centrali a carbone secondo l’Environmental Defense Fund.

A livello atmosferico, tale elemento è prodotto principalmente da microbi che convertono la materia organica in metano, in assenza di ossigeno. È proprio l’introduzione di ossigeno, quindi, a rallentare le emissioni.

Alcuni gruppi, come la USA Rice Federation, promuovono tecniche che aggiungono ossigeno ai terreni, come l’irrigazione intermittente e a solco. Tuttavia, Joe Rudek dell’Environmental Defense Fund ha evidenziato che l’ossigeno immesso favorisce la trasformazione dell’azoto in ammoniaca, con la conseguente produzione di protossido di azoto come sottoprodotto.

Il protossido di azoto

Il protossido di azoto, sebbene rappresenti solo il 6% delle emissioni globali rispetto al 76% del biossido di carbonio, è 265 volte più potente nell’incremento del riscaldamento globale rispetto alla CO2 nell’aria su un lasso di tempo di 100 anni, secondo l’IPCC.

Da oltre un decennio, i microbiologi si chiedono se le pratiche che riducono il metano attraverso l’uso di ossigeno possano aumentare il protossido di azoto. Le prime evidenze erano limitate a osservazioni di laboratorio, ma uno studio del 2018 condotto da Rudek ha trovato conferme nel mondo reale.

Misurazioni effettuate nelle risaie indiane hanno valutato l’impatto dell’irrigazione intermittente, un metodo che alterna bagnatura e asciugatura, esponendo i microbi all’ossigeno. Questo metodo sostenuto da diverse organizzazioni, inclusa la Sustainable Rice Platform, si è dimostrato efficace nel ridurre il metano ma, al contempo, ha anche aumentato le emissioni di protossido di azoto. Secondo le conclusioni di Rudek, i flussi di N2O nelle risaie allagate in modo intermittente potrebbero superare di 30-45 volte quelle delle risaie allagate continuativamente. Entro 30 anni, ciò potrebbe peggiorare il cambiamento climatico, poiché l’aumento del protossido di azoto supererebbe i benefici della riduzione del metano.

Tuttavia, esisterebbe una potenziale alternativa: il biochar. Questa sostanza, ottenuta dalla combustione di materiale organico come il legno, può ridurre le emissioni di metano senza incrementare quelle di protossido di azoto. Il biochar agisce come un fertilizzante, immagazzinando carbonio e impedendo ai microbi di accedere alla materia organica, già bruciata.

Uno studio cinese pubblicato su Nature nel 2019 ha dimostrato che il biochar riduce le emissioni di entrambi i gas nelle risaie e nei campi di tabacco, indipendentemente dalle condizioni d’irrigazione.

Una startup di New York, la Northeastern Biochar Solutions, ha sviluppato un processo per incamerare il metano nel biochar bruciando le acque reflue trattate in assenza di ossigeno, riducendo così le future emissioni. Raymond Apy, CEO dell’azienda, ha affermato che il loro processo ha dimostrato una riduzione netta dei gas serra del 137%.

Nonostante l’importanza di affrontare il problema posto dal quel gas inquinante che è il protossido di azoto, Rudek sottolinea che il metano rimane una priorità a breve termine, essendo 80 volte più potente dell’impatto della CO2 per i prossimi 20 anni.

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