SCIENZA

La strana fine dei nostri ghiacciai: perché stanno diventando neri

Il fenomeno dei ghiacciai neri si manifesta come una "coperta" di detriti sopra i ghiacci: a causarlo è il riscaldamento globale che provoca frane alpine

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Fonte: 123RF

Quando si pensa alle cime perenni, vengono subito in mente distese candide di ghiaccio. Eppure, sempre più spesso, i ghiacciai delle Alpi – e non solo quelli – stanno cambiando volto: si trasformano in ghiacciai neri, come li hanno definiti gli esperti. Adesso sono coperti di detriti rocciosi e polveri scure. Un fenomeno poco noto ma molto importante per capire l’effetto del cambiamento climatico sui ghiacciai e le conseguenze che può avere su interi ecosistemi montani.

Come funziona un ghiacciaio e cosa significa “nero”

Un ghiacciaio non è solo una massa di ghiaccio: è un organismo vivo che si alimenta di neve in quota e la rilascia come acqua a valle. La sua struttura si divide in due zone: il bacino di accumulo, dove la neve si trasforma lentamente in ghiaccio, e il bacino di ablazione, dove avviene il suo scioglimento.

Quando più della metà del bacino di ablazione viene ricoperta da pietre, sabbia o polvere, si parla di ghiacciai neri o, nel linguaggio tecnico, debris-covered glaciers. Questa copertura modifica profondamente l’equilibrio naturale del ghiaccio.

Il ruolo del cambiamento climatico

La principale causa della metamorfosi è il riscaldamento globale. Il continuo arretramento dei ghiacci rende instabili le pareti rocciose che circondano i ghiacciai. Così, frane e crolli riversano tonnellate di detriti sulla superficie, trasformando il bianco in un mosaico di grigi e neri.

Tale “coperta” scura riduce l’albedo, cioè la capacità di riflettere i raggi solari. Come una maglietta nera sotto il sole estivo, la superficie scura assorbe più calore e accelera lo scioglimento dei ghiacciai. È così che la fusione del ghiaccio, già spinta dalle temperature in aumento, si intensifica.

Curiosamente, se lo strato di detriti cresce oltre i 10 – 20 centimetri, può avere l’effetto contrario: agisce come un isolante termico, rallentando la fusione. Questo rende i ghiacciai neri un paradosso affascinante da studiare.

Dove possiamo vedere i ghiacciai neri

Il fenomeno non riguarda solo le grandi catene asiatiche come Himalaya, Karakoram o le Ande, dove i debris-covered glaciers sono stati studiati a lungo. Anche sulle nostre montagne, i segni sono sempre più evidenti.

Tra gli esempi noti spiccano il Ghiacciaio del Miage sul versante italiano del Monte Bianco e il Ghiacciaio del Belvedere sul Monte Rosa. Questi ghiacciai alpini sono vere e proprie “isole di pietra” che raccontano silenziosamente gli effetti del riscaldamento globale. Chi li osserva da vicino, nota subito l’aspetto scuro, punteggiato di massi e ghiaia che si muovono lentamente insieme al ghiaccio sottostante.

Effetti ambientali e rischi

I ghiacciai neri non rappresentano solo una notizia curiosa. La copertura di detriti può accentuare l’instabilità dei versanti. Le frane da ghiacciaio diventano più frequenti e i bacini di fusione possono trasformarsi in laghi glaciali pericolosi, che minacciano di esondare improvvisamente, mettendo a rischio le valli sottostanti.

Studiare le cause del ritiro dei ghiacciai e la formazione di detriti è fondamentale per comprendere i cambiamenti futuri. Non è solo un problema paesaggistico, ma una questione che riguarda la disponibilità di acqua dolce, la sicurezza delle comunità montane e la conservazione di ecosistemi unici.

Un futuro sempre più nero?

I ghiacciai neri sono il segno tangibile di un clima che cambia in fretta. Se da un lato i detriti possono rallentare la fusione, dall’altro indicano un ambiente fragile, dove le rocce si sgretolano e i ghiacciai perdono terreno. Un fenomeno che racconta una storia articolata e che merita di essere conosciuto, studiato e, se possibile, rallentato. Perché dietro quelle pietre nere, resta ancora custodita la memoria glaciale del pianeta.

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