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Google è in pericolo: interviene il fondatore

Google ha preso talmente sul serio il rischio di essere sostituito da ChatGPT, o da altre intelligenze artificiali, da mobilitare i più alti livelli dell'azienda: è tornato al lavoro persino Sergey Brin

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Fonte: Chonlachai / Shutterstock

Se c’è una cosa che oggi diamo tutti per scontata è la possibilità, quando serve, di fare una ricerca su Google per ottenere le risposte e le informazioni di cui abbiamo bisogno. Eppure, a guardare bene come stanno le cose oggi, non dovremmo dare per scontata la presenza di Google nel nostro mondo digitale. Big G, infatti, sta affrontando una delle sfide più grandi di sempre, che ne mette a repentaglio addirittura l’esistenza. Stiamo parlando, neanche a dirlo, di ChatGPT: l’ormai famosissima intelligenza artificiale generativa in grado di creare del testo e rispondere a domande, infatti, sta preoccupando talmente tanto Google che, per affrontare la situazione, è intervenuto addirittura uno dei due fondatori.

Sergey Brin è tornato al PC

Sergey Brin è, insieme a Larry Page, il cofondatore di Google. Nato nel 1943 a Mosca, ma cresciuto negli Stati Uniti a partire dall’età di sei anni, Brin ha creato Google Inc insieme a Page nel 1998. Poi, a partire dal 2019, sia Brin che Page hanno progressivamente lasciato ogni ruolo operativo all’interno di Google per godersi i rispettivi patrimoni da decine di miliardi di dollari.

Il 24 gennaio 2022, però, Brin è tornato operativo e ha fatto una richiesta di accesso al codice di LaMDA, l’intelligenza artificiale che Google ha presentato nel 2021, che è molto simile per funzionamento a ChatGPT di OpenAI e che, a metà 2022, ha fatto scalpore perché ha dato l’impressione che potesse avere una coscienza.

Il giornale americano Forbes ha potuto visionare alcuni screenshot che confermano come Brin sia personalmente all’opera e stia seguendo nuovamente di persona lo sviluppo di LaMDA. Ciò conferma il momento difficile per Google e anche il fatto che il rischio ChatGPT sia ben chiaro a tutti, fino ai livelli più alti dell’azienda.

Google è in “codice rosso”

Un mese prima del ritorno alla scrivania di Sergey Brin era avvenuto un altro episodio che lascia intendere quanto sia grave la minaccia di ChatGPT nei confronti di Google. A riportare questa indiscrezione è, questa volta, il New York Times che è venuto in possesso di alcuni messaggi audio in cui l’attuale CEO di Google, Sundar Pichai, definisce la situazione con le parole “code red“.

Lo stesso Pichai, poi, avrebbe riassegnato compiti e ruoli nei team di Google che si occupano di LaMDA e delle altre intelligenze artificiali “per rispondere al pericolo che ChatGPT rappresenta” per l’azienda.

LaMDA, Sparrow e l’Apprendista Bardo

Google, quindi, si prepara a rispondere in modo aggressivo a ChatGPT e lo farà sfidando il chatbot di OpenAI nel suo stesso campo: offrirà risposte di senso compiuto alle domande degli utenti e genererà del testo per loro.

Fino a pochi giorni fa gli analisti ritenevano che la risposta più probabile di Google a ChatGPT sarebbe stata Sparrow, una intelligenza artificiale molto evoluta e con caratteristiche e potenzialità simili a quelle della concorrenza.

Secondo CNBC, però, la soluzione AI di Google per il grande pubblico sarebbe un’altra e si chiamerebbe “Apprentice Bard“, cioè “Apprendista Bardo“. Il funzionamento dell’apprendista sarebbe del tutto paragonabile a quello di ChatGPT: una chat con un bot, con l’utente che chiede qualcosa e il bot che risponde. Google starebbe anche studiando nuove opzioni di design per il suo motore di ricerca, al fine di integrare il chatbot nella pagina.

La cosa molto interessante è che Google sta accelerando sull’AI, ma mantiene una enorme cautela nella comunicazione pubblica. Lo si intuisce già dal nome del chatbot: quell'”apprendista“, infatti, è già nel nome meno affidabile di “Assistente Google“, cioè l’assistente vocale digitale presente ormai su tutti gli smartphone Android e su tutti gli smart speaker compatibili con l’ecosistema Google Home.

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