SCIENZA

C'è davvero "un altro mondo" sottoterra? Perché la scoperta potrebbe essere rivoluzionaria

Un team ha individuato una colonia di batteri e microbi che si muovono 800 metri sotto la superficie terrestre: la scoperta è molto più significativa di quanto si possa immaginare

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Siamo abituati a cercare altri mondi nelle profondità dello spazio, osservando il Cosmo nella speranza che da qualche parte esista una combinazione perfetta per innescare la scintilla della vita, come accaduto nel Sistema Solare. Forse, però, dovremmo prima cercare intorno a noi o, meglio ancora, sotto di noi. Sì, perché a quanto pare esiste effettivamente un “altro mondo” sotto i nostri piedi, e la cosa più incredibile da sapere è che chi lo popola potrebbe aiutarci nella ricerca di forme di vita extraterrestri.

No, non è fantascienza e no, non è un delirio da appassionati di sci-fi: molto più “semplicemente” un team di scienziati è riuscito a imbattersi in una serie di forme di vita che proliferano e si muovono in ambienti ostili a circa 800 metri sotto la superficie della Terra, raggiungendo un importantissimo traguardo nel campo della microbiologia.

Lo studio sul mondo sottoterra

A scovare le forme di vita che si muovono in profondità sono stati gli scienziati del Desert Research Institute e della New Hampshire University, che hanno poi pubblicato uno studio approfondito su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. Guidati dalla dottoressa e ricercatrice Melody Lindsay, autrice principale, gli studiosi hanno sviluppato un sistema di rilevamento, valutazione e verifica di alcuni processi microbici e lo hanno poi applicato a ecosistemi rocciosi e acquiferi presenti nelle viscere della Terra.

Il loro sistema ha permesso non solo di scoprire la presenza di batteri e microbi in grado di prosperare nei nostri “sotterranei”, ma anche di avere la certezza che questi organismi si muovono anche in ambienti privi di ossigeno. Dopo aver isolato i microbi attivi, i ricercatori sono riusciti a sequenziare i loro genomi e hanno usato dei traccianti radioisotopici per convalidare i risultati e ottenere informazioni più approfondite.

I microbi e le loro capacità di adattamento

Per sequenziare i genomi e andare più a fondo, i ricercatori hanno usato un approccio creativo che sfrutta la citometria a flusso. Questa tecnica viene impiegata per analizzare le proprietà fisiche e chimiche di cellule, batteri, particelle subcellulari e altre entità biologiche, che vengono poste in sospensione all’interno di un fluido che, a sua volta, viene attraversato da alcuni raggi laser. Quando i raggi laser colpiscono i microbi, questi ultimi si illuminano, emettendo segnali fluorescenti o diffusi.

Nello specifico, i batteri delle profondità della terra hanno dimostrato di avere delle caratteristiche uniche. La dottoressa Lindsay ha infatti dichiarato che «prima di questo studio dovevamo limitarci a  supporre che molte funzioni microbiche funzionassero alla stessa velocità, mentre adesso siamo a conoscenza del fatto che esiste un’ampia gamma di livelli di attività tra i singoli membri delle comunità microbiche».

Cosa significa questo? Che batteri e microbi che si trovano nelle viscere del nostro pianeta sono estremamente diversificati e, interagendo tra loro, possono creare davvero dei nuovi mondi, soggetti a regole molto diverse da quelle che conosciamo. Andando a fondo, inoltre, i ricercatori si sono voluti concentrare in particolare sul Candidatus Desulforudis Audaxviator, un batterio in grado di consumare solfato. Si sono accorti che questo batterio non solo è il più presente nelle profondità della Terra, ma è anche il più attivo in condizioni critiche, prive di ossigeno ed ostili.

Dalle profondità dello spazio alla Terra

Scoprire le peculiarità del Candidatus Desulforudis Audaxviator, notare l’interazione con altri batteri e microbi e rilevare che l’interazione fra loro porta alla creazione di situazioni ambientali uniche ha spinto i ricercatori a guardare ancora più in là. Infatti, in futuro, gli studiosi prevedono di usare tutte le conoscenze derivanti dalla scoperta dell’altro “mondo” durante le missioni d’esplorazione dello spazio.

Capire come si può resistere in ambienti privi d’ossigeno e in condizioni ostili, infatti, aiuta a comprendere meglio cosa serve per sopravvivere in ambienti extraterrestri (come quello marziano, per esempio), ma non solo: può anche darci informazioni più chiare su dove e in che modo potrebbero formarsi (o essersi già formate) nuove forme di vita.

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