SCIENZA

Scoperta un'antica città in Perù, riemersi resti di 3.500 anni fa

Dopo otto anni di ricerche, emerge la città di Peñico in Perù: centro commerciale chiave, la scoperta fa luce sul declino di Caral e l'adattamento delle civiltà andine.

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Perù protagonista di una nuova scoperta: sono emersi i resti di una città risalente a 3.500 anni fa, nella provincia di Barranca. Frutto di ben otto anni di meticolosa ricerca e scavi, il sito, ribattezzato Peñico, sarà accessibile al pubblico da sabato 12 luglio, offrendo una nuova finestra su una delle più antiche civiltà del Paese.

Si ritiene che Peñico sia stata fondata tra il 1.800 e il 1.500 a.C., periodo che la rende contemporanea alle prime civiltà fiorite in Medio Oriente e in Asia. Situata a circa 200 chilometri a nord di Lima e a circa 600 metri sul livello del mare, si estende su una superficie di 170.000 metri quadrati. La sua posizione su una terrazza collinare non era casuale: offriva protezione da inondazioni e frane e favoriva le interazioni economiche e culturali.

La vita nella ridente Peñico

Le riprese con droni hanno rivelato una struttura circolare centrale su una terrazza collinare, circondata dai resti di circa venti edifici in pietra e fango. Otto anni di ricerche hanno portato alla luce templi cerimoniali e complessi residenziali a pianta rettangolare, con le mura di alcuni di questi edifici decorate con rilievi scultorei raffiguranti il "pututu", trombe a conchiglia usate per la comunicazione a lunga distanza e con un profondo significato rituale.

Tra i reperti rinvenuti figurano oggetti cerimoniali, sculture in argilla di figure umane e animali, oltre a collane realizzate con perline e conchiglie, tra cui quelle di Spondylus, ma anche rodonite e crisocolla. La diversità di questi materiali indica che Peñico era un centro sofisticato con estese rotte commerciali: la città ha svolto un importante ruolo, collegando le prime comunità della costa del Pacifico con quelle delle Ande e del bacino amazzonico. L’archeologa Ruth Shady ha descritto Peñico come una "città di integrazione", un luogo in cui convergevano diverse tradizioni.

Caral, la più antica civiltà d’America

La scoperta di Peñico getta nuova luce sulla sorte della più antica civiltà americana, quella di Caral. Fondata 5.000 anni fa (intorno al 3.000 a.C.) nella Valle del Supe, vantava 32 strutture (tra cui piramidi), un’agricoltura irrigua sofisticata e diversi insediamenti urbani. Caral si sviluppò in modo isolato rispetto ad altre civiltà antiche simili in India, Egitto e Cina, e il suo sito archeologico è Patrimonio Mondiale dell’UNESCO dal 2009.

La dottoressa Shady, che ha guidato la ricerca su Peñico, è la stessa figura chiave che ha condotto gli scavi di Caral negli anni ’90. La sua dedizione ha permesso di superare lo scetticismo iniziale sulla datazione del centro, confermata poi dal metodo del radiocarbonio.

Peñico si trova a soli 12 chilometri dalla Valle del Supe e, come sottolineato dall’archeologo Marco Machacuay del Ministero della Cultura peruviano, rappresenta una continuazione della società Caral.

Il declino di Caral e il cambiamento climatico

Quest’ultima scoperta potrebbe essere essenziale per comprendere cosa sia successo alla civiltà di Caral, dopo la sua decimazione. Gli esperti ritengono che il declino sia stato causato da un intenso cambiamento climatico, con gravi siccità e piogge torrenziali che provocarono l’esondazione del fiume Supe, allagando così il centro abitato e disperdendone la popolazione.

Le evidenze archeologiche da siti come Vichama, parte della civiltà Caral, mostrano incisioni che raffigurano siccità e carestia. Con ogni probabilità, per tale ragione Peñico fu costruita in un punto più elevato e protetto.

L’esperienza di Caral si collega alle sfide climatiche moderne. Comprendere come queste antiche società hanno risposto all’instabilità ambientale può fornire intuizioni cruciali per il presente e il futuro. La costruzione di Peñico suggerisce che il cambiamento climatico non ha portato a un crollo totale, ma a una trasformazione e ricollocazione dei centri culturali, evidenziandone la notevole capacità di adattamento.

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