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Con il cambiamento climatico la stagione dei pollini dura di più

Chi rischia maggiormente dall'aumento del polline dovuto al cambiamento climatico? Periodi di caldo prolungati rappresentano un pericolo mortale per soggetti anziani e bambini

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Tra le tante conseguenze del cambiamento climatico vi è anche una netta riduzione dei giorni di gelo nell’arco di un anno. Il calo di questi ultimi vede al tempo stesso l’aumentare dei giorni della stagione dei pollini. Non solo si allunga, a dire il vero, ma si intensifica.

Una condizione dai risvolti molto importanti, come evidenzia uno studio pubblicato sulla rivista BMC Public Health. L’esposizione ai pollini, infatti, influisce sui tassi di mortalità dei soggetti anziani con problemi respiratori.

Italia, giornate senza gelo

Prendendo a esempio il 2023, sono stati evidenziati ben 10 giorni senza gelo in più rispetto alla media del trentennio 1991-2020. Un dato che colloca il 2023 al terzo posto tra gli anni con il minor numero di giorni con gelo, in media, dell’intera fase sottoposta a studio statistico.

Questi dati provengono dall’indicatore “Giorni di Gelo”, della Banca Dati Indicatori Ambientali dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).

Per giornate di gelo si intendono quelle con temperatura minima dell’aria al di sotto degli 0°C. Un parametro chiaro per monitorare l’evoluzione del clima e i suoi effetti. Tra questi, che sono tanti, è stato posto l’accento sulle allergie respiratorie nel corso del congresso “Libero Respiro”.

Cambiamento climatico e crisi respiratorie

“Alla luce dell’aumento delle giornate senza geologo il che evidenzia l’impatto crescente del riscaldamento climatico, si registra un trend tutt’altro che rassicurante di stravolgimento del calendario dei pollini”.

Queste le parole di Vincenzo Patella, Presidente della Società Italiana di Allergologia Asma e Immunologia Clinica (Siaaic).

Avere minori giornate con temperature sotto zero offre più tempo alle piante di crescere e rilasciare pollini. Facile comprendere come tutto ciò abbia un notevole impatto sulle allergie.

Da un lato risulta anticipata la pollinazione primaverile di 25 giorni. Dall’altro risulta prolungata quella autunnale di quasi tre settimane. Fattori che comportano un aumento complessivo della durata della stagione dei pollini di oltre un mese e mezzo, con un rilascio di carico pollinico sempre più abbondante.

“A causa del riscaldamento globale la stagione critica per le allergie è dunque destinata a diventare sempre più lunga e massiccia, con il risultato che i sintomi sono peggiori e più duraturi per gli altri 10 milioni di Italiani che soffrono di allergie, costretti a protrarre le terapie nel tempo”.

Le conseguenze

Quando si parla di stagione polemica più lunga e di problematiche allergiche prolungate, non si fa riferimento soltanto al fastidio provocato. Occorre tener presente quelli che sono i rischi e, dunque, le gravi conseguenze per le persone più vulnerabili.

Si guarda in particolar modo ai bambini affetti da asma e agli anziani con malattie respiratorie. Questi ultimi rappresentano il 17% degli over 65 in Italia.

Come detto, uno studio pubblicato sulla rivista BMC Public Health ha evidenziato il legame esistente tra l’aumento dei pollini e la mortalità degli anziani con problematiche respiratorie.

“È stato evidenziato come livelli di polline elevati, dopo sette giorni di esposizione, siano correlati a un aumento dei tassi di mortalità negli anziani con problematiche respiratorie preesistenti. Tale fenomeno, provocato dal riscaldamento globale (e dunque dall’uomo), si associa a un rischio dell’81% più alto di mortalità per tutte le cause respiratorie croniche, dopo sette giorni di esposizione”.

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