SCIENZA

Trovati i più grandi resti intatti di un antico sito agricolo: la scoperta in America

Un sito agricolo antico in Michigan sta cambiando la storia dei nativi americani: ecco perché quest'area è di fondamentale importanza e cosa ci dice sulle società pre coloniali

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Fonte: Dartmouth College - Photo by Madeleine McLeester

In Michigan è stato rivelato il più grande sito agricolo indigeno mai riportato alla luce negli Stati Uniti, antichissimo e sorprendente. Dimensioni e collocazione, però, sollevano nuove domande. Ci si sta interrogando, infatti, sulle tecnologie e, in generale, la società dei nativi americani.

Una rete agricola invisibile

Un gruppo di archeologi ha scoperto qualcosa di eccezionale in una foresta del Michigan settentrionale. È tornata alla luce una rete di orti rialzati, che risalgono a un’epoca precedente l’arrivo dei coloni dall’Europa.

Si tratta di un’area atta alla coltivazione di mais, fagioli e zucche, che vedeva impegnati gli antenati della tribù Menominee. Tutto ciò è stato possibile grazie a un drone con tecnologia LiDAR. Questo strumento è infatti in grado di mappare le eventuali irregolarità del terreno, immediatamente dopo lo scioglimento della neve, prima che la vegetazione torni a essere rigogliosa.

Il risultato? Sono apparse centinaia di ettari di file parallele di cumuli di terra, che sarebbero stati invisibili a occhio nudo. Il tutto tracciato rapidamente con strumentazioni digitali apposite. Stando a quanto dichiarato, si tratta del più vasto sito agricolo precolombiano, rinvenuto in condizioni intatte a est del Mississippi.

A rendere tutto ancor più sorprendente è il fatto che la zona in questione non era un importante centro abitato. Si trattava di una regione marginale, le cui condizioni climatiche rendevano la coltivazione intensiva di mais decisamente sfavorevole.

Agricoltura indigena, più complessa e diffusa

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science, condotto da un team dell’Università di Dartmouth, in collaborazione con i rappresentanti Menominee. Il sito è al confine tra Michigan e Wisconsin, in una porzione di terreno sacra nota come Anaem Omot (pancia del cane).

In passato erano state evidenziate tracce di campi rialzati. Nessuno però aveva ipotizzato un’estensione di tale genere. In merito si è espressa Madeleine McLeester, antropologa e co-autrice dello studio. Ritiene che i rilievi effettuati coprano soltanto metà dell’area storica. È certa infatti che le strutture agricole vadano ben oltre i confini che sono stati mappati.

Scendendo nei dettagli, a sorprendere è stata principalmente la scala, risultata inaspettata. Le strutture vanno dai 10 ai 30 cm d’altezza. Si estendono poi per km. Ciò suggerisce di fatto un impegno collettivo e ben organizzato, fondato su conoscenze raffinate in ambito ecologico.

Ciò trasforma radicalmente l’immagine che generalmente in molti hanno dei nativi americani. Una scoperta che altera la storia. Si pensa infatti a popolazioni nomadi, ignorando il fatto che molti gruppi praticassero forme di agricoltura stanziale e intensiva. È questo il parere degli studiosi.

Viene però da chiedersi, dunque, perché di tracce ce ne siano così poche. Il motivo è facilmente spiegabile. Alla base di tutto c’è la successiva urbanizzazione, con conseguenti pratiche agricole di stampo europeo. In parole povere, così come per tanti altri aspetti, i coloni hanno spazzato via i resti di una storia antica e gloriosa.

La tecnologia fa luce sul passato

Di fatto gli esperti hanno spalancato una finestra sul passato agricolo del Nord America. Non si esclude, inoltre, che questa possa essere appena la punta dell’iceberg. Tutto grazie alle nuove tecnologie, la cui adozione in altre aree boschive non esplorate potrebbe consentire la riscoperta di interi paesaggi agricoli perduti nei secoli.

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