"Tensione di Hubble”, il grande enigma sull'espansione dell'Universo potrebbe essere a una svolta
I dati dell'espansione dell'universo non coincidono tra i calcoli degli scienziati e le osservazioni astronomiche: cos'è la tensione di Hubble
Uno dei più grandi enigmi della cosmogonia è senza ombra di dubbio ciò che viene definito “tensione di Hubble”, che rappresenta l’attuale tasso di espansione dell’Universo. Dov’è il problema? Risulta essere più veloce di quanto gli astronomi si aspettassero, almeno stando in base a quella che è oggi la nostra comprensione della sua evoluzione e, al tempo stesso, le condizioni iniziali. Di fatto gli scienziati che adoperano il telescopio spaziale Hubble della Nasa devono fare i conti con un numero che non corrisponde affatto alle previsioni di calcolo.
Tensione di Hubble
I numeri che gli scienziati si aspetterebbero sono basati sulle osservazioni relative alla missione Planck dell’ESA. Si lavora costantemente per tentare di comprendere come risolvere questa discrepanza. Da una parte l’ipotesi della necessità di una “nuova fisica”. Dall’altra, invece, la prospettiva di “semplici” errori di misurazione tra i due differenti metodi adoperati per determinare la velocità di espansione dello spazio. Per il momento le misurazioni effettuate attraverso Webb e Hubble confermano il tasso di espansione osservato.
Sono ormai 30 anni che il telescopio spaziale Hubble misura il tasso attuale di espansione dell’universo. Gli astronomi vogliono eliminare qualsiasi dubbio sulla sua precisione. Per questo motivo il telescopio ha prodotto le misurazioni insieme allo strumento della Nasa James Webb considerate definitive. Si fa largo, intanto, la tesi che vede qualcos’altro influenzare il tasso di espansione, escludendo errori di misurazione.
Nel 2023 l’utilizzo del telescopio Webb aveva già confermato che i numeri dello strumento Hubble erano accurati. Alcuni scienziati però, nella speranza di alleviare la “tensione di Hubble”, hanno ipotizzato che gli errori invisibili nella misurazione potrebbero addirittura aumentare, divenendo visibili con il progredire dell’osservazione in profondità dell’Universo.
Il team SH0ES ha ottenuto delle osservazioni grazie all’uso di Webb di oggetti molto importanti, che sono indicatori cosmici, noti come variabili Cefeidi. Tutto ciò può essere correlato con i dati fornita da Hubble.
Una distanza enorme
Altri astronomi hanno suggerito che, spostandosi verso l’esterno, ovvero lungo il “secondo gradino”, la scala della distanza cosmica potrebbe anche “traballare”. Ciò avverrebbe nel caso in cui le misurazioni delle variabili Cefeidi dovessero divenire meno accurate, con l’aumento della distanza. Imprecisioni potenzialmente provocate dalla luce di una Cefeide in fase di fusione con quella di una stella adiacente. Una condizione in costante peggioramento con l’affollarsi delle stelle. Sarebbe dunque sempre più complesso distinguere l’una dall’altra.
È dunque fondamentale la combinazione di dati prodotti dai telescopi Webb e Hubble, dal momento che servono entrambe, il secondo infatti taglia la polvere, isolando naturalmente le Cefeidi dalle stelle vicine. La sua visione è dunque più nitida alle lunghezze d’onda dell’infrarosso.
La conferma della “tensione di Hubble” ha portato alla creazione di altri osservatori, utili per risolvere il mistero che ancora aleggia. Il prossimo Nancy Grace Roman Space Telescope della Nasa avvierà ampie le indagini celesti. L’obiettivo sarà quello di studiare l’influenza dell’energia oscura, ovvero quella che sta causando l’accelerazione dell’espansione dell’Universo. Un compito simile, intanto, viene portato avanti dall’Osservatorio Euclid dell’ESA, affiancato dalla Nasa.
Allo stato attuale la distanza è evidente, con le misurazioni di Planck dall’inizio dell’Universo da un alto e le misurazioni di Hubble e Webb dall’altro. Tutto ciò dev’essere connesso, con le sponde avvicinate il più possibile, fino a coincidere. Non è dato sapere, però, quanto possa essere vicina o distante la svolta decisiva.