SCIENZA

Venezia è a rischio: il piano per non farla sprofondare

Alcune università e centri di ricerca hanno studiato un piano per impedire a Venezia di finire sott'acqua: rischiamo di non poter più vedere piazza San Marco

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L’Italia è patria di tesori che ci invidiano da tutto il mondo: le colline del Chianti in Toscana, la riviera Amalfitana, i monumenti di Roma e l’alba sulla Tre Cime di Lavaredo sulle Dolomiti. Ma uno dei luoghi più visitati e fotografati dello Stivale resta lei: Venezia. Ma non sarà possibile ammirarla per sempre: la città del Doge è infatti a rischio.

Cosa sta succedendo a Venezia

Il costante aumento delle emissioni fa alzare le temperature, che a loro volta fanno sciogliere i ghiacciai, che di conseguenza innalzano il livello delle acque. Alla fine di questa catena ci sono le città costiere come Venezia: piazza San Marco infatti rischia di essere perennemente sott’acqua entro il 2100. Sono numeri dell’IPCC, il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU. E Venezia non è l’unica città che rischia: ce ne sono molte altre.

“Ma a Venezia c’è il MOSE”, dirà qualcuno. È vero, ma il sistema di paratie costruito intorno alla città che serve come argine all’alta marea funziona in caso di eventi eccezionali, non se l’aumento è contenuto ma costante giorno dopo giorno.

Però Venezia non è soggetta solo all’acqua alta e alle inondazioni, ma anche a ondate di calore e alluvioni, che nel futuro saranno sempre più frequenti – e che renderanno sempre più gravi le inondazioni, spingendo Venezia sott’acqua.

Sono tutti effetti del cambiamento climatico, che segnano il presente e il futuro di moltissime città ed ecosistemi costieri. E in più, sono effetti che a Venezia sono aggravati dal consumo di suolo e da un turismo eccessivo.

Il piano per salvare la città

Venezia da sempre convive con l’acqua alta, e negli anni ha imparato a farle fronte, anche se alcuni eventi estremi continuano ad alzare il livello dell’acqua in città oltre i limiti. Ma per il resto, le misure studiate dalla Città Metropolitana non sono sufficienti: lo spiega l’Università Ca’ Foscari, che ha lavorato insieme a quelle della Virginia e della Pennsylvania negli Stati Uniti e ad alcuni centri di ricerca internazionali per creare un piano per evitare il futuro sommerso di piazza San Marco.

Vista la situazione attuale, una singola azione non basta, ma bisogna mettere in campo un “portafoglio” di misure, di vario tipo.

Prima di tutto servono degli interventi pratici come la riqualificazione della rete idrica, che è necessaria ma non sufficiente, perché nulla può contro le ondate di calore e la siccità. Lo stesso vale per passerelle temporanee in caso di mareggiate, pompe e paratie mobili sugli edifici privati.

A tutto questo vanno aggiunti strumenti di allerta sull’arrivo di eventi climatici estremi e su come rispondere, va aggiornato il ruolo della protezione civile, vanno studiati piani per il restauro delle aree storiche e va informata la cittadinanza, che deve essere alleata del Comune nel contrasto alla crisi climatica e alle sue conseguenze.

Un piano che è solo agli inizi, ma che avrà un ruolo importante per il futuro di Venezia. Diversamente dalla città del Doge, altre comunità si sono mosse con largo anticipo: lo hanno fatto le Maldive, per esempio.

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