SCIENZA

In una tomba vecchia di 2000 anni hanno trovato il vino più antico del mondo

Una scoperta straordinaria: all'interno di una tomba vecchia ben 2000 anni è stata ritrovata un'urna contenente il vino più antico del mondo

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Fonte: 123RF

Non proprio una bevanda con cui si potrebbe brindare, ma sicuramente una grande scoperta: un team di archeologi ha ufficialmente rinvenuto il vino più antico del mondo, all’interno di una tomba scavata nella roccia, in Spagna. Il modo in cui questo vino da guinness è stato ritrovato è davvero peculiare, perché persino il sepolcro dove era nascosto era sconosciuto: non si sospettava nemmeno che fosse lì.

Tornando al vino, la sua scoperta ha ufficialmente scalzato il primato di quello ritrovato nel 1867 a Spira (Germania) e non solo: l’ha anche reso meno attendibile, perché mentre quello di Spira si trova all’interno di una bottiglia che non è mai stata aperta e dunque si presume soltanto che si tratti di vino, la miscela spagnola è stata rinvenuta dentro un’urna e sono state subito fatte tutte le analisi che hanno portato alla conferma.

Il ritrovamento di Carmona

Certo, le analisi non sono state immediate. L’urna, infatti, è stata ritrovata nel 2019. Ai tempi una famiglia di Carmona, comune andaluso in provincia di Siviglia, decise di fare dei lavori strutturali alla casa in cui viveva da moltissimo tempo. I lavori sono andati molto in profondità, fino ad arrivare a una sorta di misterioso locale sommerso.

Notandone la struttura, palesemente modificata e plasmata dall’uomo, i proprietari di casa hanno subito capito di aver fatto una scoperta archeologica e hanno contattato la sovrintendenza. Da lì, sono partiti una serie di lavori di scavo affidati agli archeologi, agli storici e agli esperti dell’Università di Córdoba. Gli studiosi hanno immediatamente confermato che si trattava di un’antichissima tomba e dopo pochissimo tempo hanno rinvenuto una serie di oggetti e suppellettili, tra cui l’urna.

L’apertura dell’urna

Come spiega dettagliatamente uno studio pubblicato su Science Direct, una volta portati in laboratorio i reperti il team di archeologi (formato da Daniel Cosano, Dolores Esquivel, Fernando Lafont, José Rafael Ruiz Arrebola e capeggiati dal professor Juan Manuel Román) ha lavorato per aprire l’urna, credendo di rinvenire delle ceneri umane. Invece, la sorpresa: il recipiente conteneva un liquido bruno-rossastro apparentemente denso e corposo.

L’odore lasciava intendere che fosse alcolico, ma sono servite delle indagini approfondire per scoprire di più: «Abbiamo cercato i biomarcatori – ha detto il chimico organico José Rafael Ruiz Arrebola – che sono composti chimici che dicono inequivocabilmente cos’è una particolare sostanza e abbiamo trovato sette polifenoli del vino. Abbiamo confrontato questi polifenoli con quelli dei vini di questa parte dell’Andalusia: corrispondevano».

Ma non è tutto, perché indagando gli scienziati hanno anche scoperto che, in origine, quel liquido bruno era nientemeno che un vino bianco: a dimostrarlo è stata la mancanza di acido siringico, che si forma quando il pigmento principale dei vini rossi si decompone.

Perché non si può assaggiare?

Potrebbe sembrare un quesito sciocco, eppure in tanti hanno chiesto come mai il vino non sia “degustabile”. La risposta è meno scontata di quanto sembri, come hanno rivelato gli scienziati coinvolti nello studio al The Guardian: «Se pensate che sia perché è troppo vecchio o perché è tossico, no. Non è tossico: abbiamo effettuato le analisi microbiologiche – ha detto il capo archeologo Juan Manuel Román – ma avrei qualche scrupolo al riguardo».

Come mai? «Perché questo vino ha trascorso 2.000 anni a contatto con il corpo cremato di un romano morto. Il liquido è un po’ torbido a causa dei resti ossei. Immagino che si potrebbe filtrare e assaggiare ma… preferirei che lo faccia qualcun altro».

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