SCIENZA

Un "cuore di ghiaccio" nello spazio: la nuova rivelazione

Gelido, ma incantevole: una squadra composta da astrofisici, astronomi e ricercatori internazionali ha identificato un "cuore di ghiaccio" che pulsa e brilla nello spazio. Ed è anche riuscito a vederlo

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Fonte: NASA, ESA, CSA, and M. Zamani (ESA/Webb)

Non sempre avere un “cuore di ghiaccio” è sinonimo di cattiveria o di distacco. O, almeno, non lo è se a possederlo è una nebulosa oscura: in questo specifico caso, infatti, il gelido epicentro corrisponde a un’incantevole protostella, la cui osservazione può condurre a nuove conoscenze sulla formazione del nostro Universo.

A dirci tutto questo è il James Webb Space Telescope, che ha sbirciato proprio all’interno di una grande regione di formazione stellare ricca di nubi oscure, rintracciandone il cuore, luminoso e freddo. E la cosa più interessante è che questo speciale avvistamento può anche dirci di più sulla creazione di nuovi esopianeti che, chi lo sa, potrebbero anche essere abitabili.

Il cuore di ghiaccio identificato da James Webb

Ma cos’è successo nello specifico? Per chi non lo sapesse, il telescopio James Webb è uno degli strumenti più potenti e all’avanguardia per l’osservazione nello spazio, in grado di regalarci foto spaziali mozzafiato. Nelle ultime settimane, il JWST è stato impegnato nell’analisi e nella registrazione dei fenomeni che si verificano nella Costellazione del Camaleonte, nel profondo cielo meridionale. Proprio durante questa sessione di indagine, il telescopio è riuscito a sbirciare all’interno di una nebulosa oscura che si trova a ben 630 anni luce di distanza dalla Terra.

Un’impresa nient’affatto semplice, perché questo tipo di nube molecolare altro non è che un raggruppamento interstellare di gas e polveri, all’interno della quale possono formarsi molecole di idrogeno e monossido di carbonio: ammassi densi, che possono rendere davvero difficile l’osservazione, ma che al contempo sono il “nido” ideale per la formazione di protostelle, ovvero embrioni di stelle, corpi celesti che stanno per nascere. E, infatti, eccola lì: una protostella, un cuore di ghiaccio che ha lasciato tutti a bocca aperta.

I ghiacci nella nebulosa oscura Chameleon I

James Webb è riuscito a identificarla in maniera piuttosto chiara all’interno di Chameleon I, una delle tre nubi oscure della Costellazione del Camaleonte. Intorno a lei, c’erano tutti i segnali della nascita delle stelle, compresi ammassi gassosi che stavano ancora collassando (una stella, ricordiamolo, nasce quando un frammento di nube molecolare collassa per la prima volta sotto la propria forza di gravità  e all’interno del frammento che collassa si forma un nucleo opaco, tenuto insieme dalla pressione).

Ciò che però interessa particolarmente gli scienziati è il fatto che JWST è riuscito anche a fornire dati sulla vasta gamma di ghiacci che la circondavano: ha identificato acqua ghiacciata, ma anche forme congelate di ammoniaca, metanolo, metano e solfuro di carbonile. Ciò è davvero interessante, perché ognuna di queste molecole ghiacciate può contribuire non solo alla formazione di stelle, ma anche di esopianeti e persino di forme di vita.

Il cuore di ghiaccio e la vita nello spazio

Infatti, la tipologia di ghiaccio rilevata da James Webb può fornire a eventuali pianeti carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo, che potrebbero portare alla formazione di un pianeta abitabile come la Terra. L’immagine restituita dal telescopio mostra la protostella (chiamata Ced 110 IRS 4) mentre brilla in arancione a sinistra, spiccando sulla nube che, invece, appare blu. Tutti i punti arancioni rappresentano la luce delle stelle sullo sfondo, ed è anche grazie a loro che gli scienziati sono riusciti a rilevare la vasta gamma di molecole congelate.

«I risultati ottenuti da questa scoperta – ha dichiarato Melissa McClure, astronoma e professoressa all’Osservatorio di Leiden, nonché principale autrice dello studio sui dati di JWST –  non solo ci forniscono informazioni preziose sulle prime fasi chimiche della formazione di ghiaccio snello spazio, ma aprono una nuova finestra sui percorsi di formazione delle molecole semplici e complesse necessarie per costruire i mattoni della vita».

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