SCIENZA

Hanno studiato gli scheletri di Pompei e qualcosa di nuovo è emerso

Pompei continua ad affascinare gli archeologi: grazie ad una nuova analisi condotta sugli scheletri, è stato possibile individuare la causa di morte dei suoi abitanti.

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Il Parco Archeologico di Pompei, che rappresenta uno scorcio di vita del periodo romano rimasto cristallizzato nel tempo, è uno dei siti più preziosi al mondo. E non smette mai di sorprendere, grazie al continuo lavoro degli scienziati nel tentativo di ricostruire, in modo sempre più dettagliato, quelle che erano le condizioni pre-eruzione della città. Un nuovo studio ha fatto luce su quella che potrebbe essere stata tra le principali cause di morte dei suoi abitanti.

Pompei, i suoi abitanti sono morti per asfissia

La terribile eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C. ha mietuto migliaia di vittime e sepolto intere città sotto strati di lava incandescente, dove sono rimaste per secoli, fin quando gli archeologi non hanno iniziato a scavare per riportare alla luce ciò che ne restava. Sono emerse preziosissime testimonianze di un periodo storico lontanissimo nel tempo, che ci hanno fornito importanti dettagli utili per ricostruire uno spaccato di vita quotidiana dell’epoca. Pompei è senza dubbio l’esempio più affascinante – pur nella sua drammaticità.

Nel corso degli anni, sono numerosi gli scheletri rinvenuti all’interno del sito archeologico: appartengono agli abitanti di Pompei, che hanno inutilmente cercato di proteggersi o di fuggire dalla violenza dell’eruzione, senza tuttavia trovare scampo. Ma che cosa li ha uccisi veramente? Finora, non è stato possibile condurre indagini davvero conclusive sulle cause di morte di coloro che sono stati ritrovati tra le rovine dell’antica città romana, soprattutto a causa della contaminazione dei calchi in gesso degli scheletri. Un nuovo studio ha permesso tuttavia di individuare indizi sempre più validi a sostegno della morte per asfissia.

Alcuni esperti dell’Università di Valencia e dell’Università di Cambridge, in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei, hanno condotto una ricerca sui resti scheletrici all’interno dei calchi pompeiani – in particolare, ne sono stati impiegati sei provenienti dall’area di Porta Nola e uno dalle Terme Suburbane. Gli scienziati hanno impiegato per la prima volta un’analisi chimica con invasiva che fa uso di fluorescenza a raggi X portatile, per determinare la composizione delle ossa e del gesso: “Sono stati determinati dati importanti che, incrociati con i risultati antropologici e stratigrafici, sono utili nella ricostruzione degli eventi pre e post-mortem degli individui” – hanno affermato gli autori dello studio, pubblicato su Plos One.

Le cause di morte a Pompei

I risultati emersi dalle analisi sono stati infatti confrontati con quelli di precedenti indagini condotte su altre ossa appartenenti alle necropoli di Porta Nola (Pompei), al Sepolcreto Ostiense di Roma e a Valencia. Questo lavoro si è rivelato utile per dissipare alcuni dubbi: “I calchi in gesso delle vittime dell’eruzione di Pompei potrebbero aver contaminato la composizione chimica delle loro ossa, ma le analisi bioarcheologiche consentono comunque di considerare l’asfissia come probabile causa di morte” – hanno spiegato i ricercatori.

Naturalmente, l’asfissia non sarebbe che una sola delle cause di morte degli abitanti di Pompei. L’eruzione ha infatti colpito in modi diversi: alcune recenti scoperte hanno portato alla luce scheletri di persone che hanno tentato di rifugiarsi nelle loro abitazioni, le quali in pochi istanti sono state distrutte dalla violenza dei terremoti, seppellendo tutto ciò che vi si trovava all’interno. Le colate di lava, la pioggia di pomici e l’aria diventata irrespirabile hanno fatto il resto. E addirittura, tra le ipotesi proposte dagli scienziati, ci sono anche la disidratazione e l’evaporazione dei corpi.

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